Alzheimer, l’ultima sfida: creare una piattaforma virtuale di pazienti può fare la differenza. Ecco perché

5 Feb 2020 16:00 - di Marino Petrelli
Alzheimer foto Ansa

Dopo aver fortemente contribuito all’estirpazione della poliomelite nel mondo con donazioni superiori ai 2 miliardi di dollari dal 1988 ad oggi, il Rotary scende in campo anche per l’Alzheimer. Il primo impegno concreto è stato un convegno nazionale, organizzato dal Rotary Club Roma Capitale. Un’iniziativa che ha lanciato una previsione: il numero delle persone con demenza di Alzheimer è destinato a triplicarsi da oggi al 2050. Per l’Italia questo vuol dire passare da 1,2 a 3,9 milioni di malati. Con un impatto sull’economia di circa 280 miliardi di euro.

Alzheimer, il Rotary scende in campo

In Italia, infatti, il costo medio annuo per malato è pari a 71 mila euro. Comprensivo delle spese a carico del Servizio Sanitario Nazionale e dei costi indiretti che ricadono sulle famiglie o sulle organizzazioni di sostegno. Dunque, sottolineano gli analisti intervenuti al convegno, «moltiplicando questo costo per gli attuali 1,2 milioni di italiani malati di Alzheimer, si rischia una spesa annuale di oltre 85 miliardi di euro». La prevalenza di questa patologia aumenta con l’età, risultando maggiore nelle donne. E con percentuali che vanno dall’1 per cento per la classe di età dai 65 ai 69 anni, fino al 24 per cento per le ultra-novantenni. Questo rispetto agli uomini, i cui valori variano rispettivamente dallo 0,6 per cento al 18 per cento. Considerando che l’Italia è il paese più longevo d’Europa, con 13,4 milioni di ultra-sessantenni, pari al 22 per cento della popolazione, questo problema ci riguarda molto da vicino.

Un convegno su problemi, prospettive e risorse

Servono sempre maggiori risorse a livello mondiale per finanziare la ricerca su questa malattia. Nel 2019 la dotazione per l’Alzheimer e per le malattie correlate è stata negli Usa di poco superiore a 2 miliardi di dollari. Oltre quattro volte il totale del 2013. Sebbene ciò risulti inferiore rispetto ai 6 miliardi di dollari spesi per la ricerca sul cancro, i finanziamenti aggiuntivi hanno consentito di investire in importanti iniziative infrastrutturali. Sia per la generazione di modelli animali migliori, che per il supporto ai programmi del consorzio di studi clinici sulla malattia di Alzheimer.

La sfida: convertire le risorse in prove concrete

«La sfida è convertire queste risorse in prove reali. Ci sono solo 50-60 studi clinici sperimentali su malati AD ogni anno. Rispetto a 500 per le malattie cardiovascolari. E 2.500 per il cancro». Dati che Alessandro Padovani, direttore della Clinica di Neurologia dell’Università degli Studi di Brescia, ha illustrato al Corriere Salute.

Energie e fondi mirati per evitare studi clinici fallimentari

Che fa il punto della situazione sullo stato della ricerca: «Mentre gli anticorpi anti-amiloidi stanno finalmente segnalando un certo successo, vi è una crescente consapevolezza che questi farmaci biologici costosi – e finora, nella migliore delle ipotesi, modestamente efficaci – sono solo una parte dell’arsenale necessario per combattere la malattia». «Nell’ottobre 2019 gli Usa hanno impegnato 73 milioni di dollari per lanciare Centri traslazionali per i nuovi medicinali – conclude Padovani –.

La valutazione al centro di studi clinici, farmaci e strategie

Un progetto analogo è in corso in Italia grazie al sostegno del ministero della Salute. E che prevede di costruire una rete virtuale per le demenze nell’ambito degli IRCCS. Si propone di costruire una piattaforma che permetta di seguire nel tempo popolazioni ampie di pazienti per individuare fattori di rischio o meccanismi biologici potenzialmente strategici per lo sviluppo della malattia. Questo potrà permettere di migliorare il processo di valutazione dei farmaci per l’Alzheimer nelle diverse fasi. Con l’obiettivo di evitare di bruciare investimenti in studi clinici fallimentari».

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