Gen 19 2020

Francesco Storace @ 06:00

Vent’anni fa moriva Bettino Craxi. Per la destra fu avversario leale, è la sinistra a odiarlo ancora

Divisivo, direbbe oggi chi non vuole sbilanciarsi su Bettino Craxi, vent’anni dopo la morte. C’è un’ipocrisia trasversale, in chi lo amava e in chi lo odiava. Come se il tempo non dovesse mai mitigare i giudizi, più riflessivi magari. I neomaggiorenni di oggi ne hanno appena sentito parlare, travolti dal dilemma odioso tra statista e ladro. Vent’anni dopo – con tutto quello che abbiamo visto – solo un cinico può piegare la memoria di Craxi a malversazione. Ben altri si sono arricchiti apparendo onesti. A qualunque latitudine della politica.

Quelle monetine al Raphael furono un atto che oggi si può ben definire sbagliato, giustizialista, estremista. Un durissimo fallo di reazione di fronte alla mancata concessione dell’autorizzazione a procedere da parte del Parlamento nei confronti di Craxi. Oggi dobbiamo riconoscere l’errore di allora. Non per una santificazione postuma, di cui nessun politico può avvertire il bisogno. Ma per rispetto verso chi ha pagato oltre il prezzo che si poteva immaginare. Con il sacrificio da esule, anche se Marco Travaglio si ostina a parlarne solo come di un latitante. Ad Hammamet Craxi andò a morire, probabilmente di dolore.

Indecifrabile rapporto tra il Pd e la memoria di Craxi

Il partito socialista, come la democrazia cristiana e i loro soci di governo, furono messi al bando dalla stagione di Mani Pulite. E probabilmente troppi ladruncoli inquinarono la politica del tempo. Eppure, per troppi anni c’è stato un giudizio sbrigativo su quell’epoca. Alcuni furono bersagliati, altri salvati. A partire da chi prendeva quattrini oltreconfine, a est come ad ovest.

Il paradosso odierno è che fa il sostenuto chi la fece franca, per dirla con il linguaggio pestifero del dottor Davigo. Per non mostrare una coscienza che non ha, ci si vendica persino vent’anni dopo. Il rapporto tra Pd e la memoria di Bettino Craxi è qualcosa davvero di poco decifrabile. Il leader socialista è più odiato dalla sinistra che dalla destra, che sa essere generosa e leale con i suoi avversari, oltre i furori della contingenza politica.

Dalle nostre parti, ad esempio, resta indimenticabile quella notte di Sigonella. Provammo sincera ammirazione per quel capo di governo che schierò i carabinieri contro gli americani che intendevano violare la nostra sovranità. Oggi si inchinano tutti all’altra parte del mondo. Qualunque sia l’altra parte del mondo…

Una lite senza fine?

A sinistra, invece, c’è ancora rancore. Perché Zingaretti non va ad Hammamet? Tempo addietro su quella tomba ha portato un fiore Ignazio La Russa. Loro non ci riescono.

Almirante rese omaggio a Berlinguer nelle ore del decesso. E ricevette in via della Scrofa gli onori post-mortem di Giancarlo Pajetta. Nemmeno vent’anni sono bastati agli eredi del Pci per mettere da parte le rivalità di allora? Sono così sicuri di essere dalla parte del giusto? Fingono di non rendersi conto che a differenza di Craxi furono graziati dai suoi stessi magistrati.

Serenità nel giudizio storico su fatti e personalità: ma non ne dispongono. Sarebbe bastato un gesto. No ad Hammamet? Magari, poteva essere utile persino l’intitolazione di una strada nella sua città, Milano, per testimoniare la fine del rancore. In fondo, Beppe Sala è uno di loro e davvero sarebbe difficile gridare allo scandalo. Ma viviamo l’epoca in cui il rispetto è merce scaduta. Come certo massimalismo fuori corso.