Russiagate, l’avvocato di Mifsud, Stephan Roh, tira in ballo Gentiloni e Migliore

9 Nov 2019 18:50 - di Paolo Lami
Joseph Mifsud, coinvolto nel Russiagate

Con una lunghissima e dettagliatissima inchiesta giornalistica esclusiva – un clamoroso scoop – l’Adnkronos alza il velo sul Russiagate. E racconta, dopo aver ascoltato le due versioni contrapposte, quella del legale svizzero di Mifsud docente alla Link Campus University e protagonista centrale dello scandalo e quella dei vertici dell’Università romana degli 007,  cosa c’è dietro la vicenda. Che vede impelagati tre paesi: Italia, Usa e Russia. E un esercito di accademici, diplomatici, spie, legali e politici.
Un cocktail che neanche John le Carré avrebbe saputo preparare meglio, quello sul Russiagate.

L’inviato di Adnkronos, Marco Liconti, ha incontrato, a Zurigo, Stephan Roh. Roh è l’avvocato del docente statunitense Joseph Mifsud. Che da mesi è oramai scomparso. E non si sa che fine abbia fatto.
«Credo che Mifsud sia ancora vivo, lo era almeno fino alla scorsa primavera», dice Roh all’Adnkronos. E aggiunge: «So che si nascondeva perché temeva per la propria vita. So anche che qualcuno l’ha obbligato a nascondersi. Mifsud doveva sparire. Perché poteva compromettere tutta l’indagine di Mueller contro Trump…».

Roh tratteggia così la figura del suo assistito. Che è una figura centrale del Russiagate: Mifsud non è un agente russo, ma è – o è stato – un «serviceman» dei Servizi di intelligence occidentali.

«Era impegnato in “missioni”», sostiene Roh. Che cita esplicitamente il Servizio segreto inglese MI6 al quale Mifsud era direttamente legato. Attraverso il Lcipl, il London Centre of International Law Practice, con il quale lavorava, secondo Roh.

Ma sia Roh che Mifsud sono anche altro in questo scenario complicatissimo. Dove falso e vero si sovrappongono in continuazione.
Tanto è vero che Adnkronos ha sottoposto ai vertici di Link Campus University, dove insegnava Mifsud, ciò che ha raccontato Roh. E le versioni non solo non coincidono ma sono contrapposte.
Vediamole.

Intanto chi sono Roh e Mifsud?
Mifsud, come abbiamo visto, era ufficialmente, un docente della Link, l’Università, guidata da Vincenzo Scotti. E che è considerata il bacino formativo da cui attingono i Servizi segreti italiani.
Ma sarebbe, appunto, anche un uomo dei Servizi d’intelligence britannici.
E’ il suo legale, Stephan Roh, a consegnare al procuratore John Durham, – incaricato dall’Attorney General, William Barr di “indagare sull’indagine” del Russiagate – il famoso nastro nel quale sarebbe contenuta la «deposizione» di Mifsud e nella quale il professore maltese direbbe “molte cose”.

Una parte della trascrizione di quel lungo colloquio durato 3 giorni e avvenuto nello studio legale di Roh a maggio 2019, l’avvocato di Mifsud l’ha consegnata all’Adnkronos. Che, poi, ha cercato conferme alla Link Campus University.
Il nastro e la relativa trascrizione, secondo Roh, lui le ha consegnate anche, il 30 luglio scorso al Senato Usa. E il 1 agosto alla Camera dei Rappresentanti, in particolare al deputato repubblicano David Nunes.

Quattordici giorni dopo, il 15 agosto 2019 e, poi, anche il 27 settembre, l’Attorney general, William Barr, e il procuratore del Connecticut volano in Italia. E qui le versioni, quella di Roh e quella degli 007 italiani, iniziano a divergere.
«Durham ha fatto ascoltare quella registrazione in Italia. La registrazione richiedeva spiegazioni da parte degli italiani», sostiene Roh.
Ma l’intelligence italiana nega proprio all’Adnkronos la circostanza: «Gli americani non ci hanno fatto sentire nulla».

Se Mifsud è un docente vicino agli 007 britannici che sembra sapere moltissimo del Russiagate, chi è Roh?
Anche la sua figura appare controversa.
C’è chi lo accusa di essere legato a oligarchi e a interessi russi. Ma lui se la ride: «le mie connessioni intime con la Russia? solo con mia moglie, che è russa».

Roh è stato anche interrogato “per ore”, nell’ottobre del 2017, in occasione di un viaggio negli Stati Uniti, dagli investigatori. Che facevano parte del team del procuratore speciale Robert Mueller, a capo dell’indagine sul Russiagate.

«Ma – assicura Roh – non mi hanno fatto nessuna domanda su Mifsud».
Sulla vicenda Roh ha, anche, pubblicato un libro a sue spese. Per raccontare la sua versione del Russiagate.
Il titolo è eloquente: “The faking of Russiagate – the Papadopoulos case“, la bufala del Russiagate – il caso Papadopoulos.

George Papadopoulos è l’allora consulente della campagna presidenziale di Trump al quale, secondo il Rapporto Mueller sul Russiagate,  proprio Mifsud consegnò, dopo averlo “agganciato” presso la Link Campus University, il materiale “sporco” su Hillary Clinton, sotto forma di migliaia di email hackerate in possesso dei russi.

Nel suo volume Roh scrive: «Questo libro parla del più grande scandalo politico dei nostri tempi. Questo libro racconta la storia della lotta del presidente Usa Barack Obama e della campagna presidenziale democratica di Hillary Clinton contro Donald Trump. E’ la storia di come il governo Usa abbia manipolato il processo elettorale democratico».

A chi lo indica come legato agli oligarchi russi, Roh replica così parlando di sè: «a capo di ILS Energy, IILS Publishing, dello Studio legale Roh, di R&B Investment Group».
Ma la cosa più interessante del profilo del legale è il possesso del 5 per cento della Gem, la Global Education Management srl, società di gestione, guarda caso, della Link Campus University.
E qui si apre qualche interrogativo. Secondo qualcuno il nocciolo della questione sarebbe una sorta di lotta di potere per scalare la Link. E per prenderne il controllo.

Interpellati da Adnkronos, i vertici della Link – era presente anche Vincenzo Scotti agli incontri – sostengono che Roh ha ottenuto il 5 per cento della Gem, attraverso un accordo. Che scadeva alla fine del 2016. E di cui ad Adnkronos è stata mostrata copia.
Cosa prevedeva l’accordo? Gem ha ceduto a Roh il 5 per cento delle quote al prezzo di favore di 250mila euro. E, in cambio Roh avrebbe dovuto trovare investitori internazionali per l’ateneo.
Ma non l’ho ha fatto. E quindi la Gem ha chiesto le quote indietro. Cosa che Roh ha rifiutato di fare.
Ma andiamo avanti. E vediamo come nasce il rapporto fra Roh e Mifsud.

Secondo Roh, lui e Mifsud si incontrano per «la prima volta diversi anni fa, in Bahrein, in occasione di una conferenza». «Ci hanno descritto come soci, ma non è vero», assicura il legale svizzero.
«Nel 2006 – continua Roh – mi invitò a Roma per partecipare ad un convegno del Senato italiano, ma non andai».
C’è, tuttavia, un’occasione successiva.
Nel 2014 «lo incontrai ad una conferenza alla London Academy of Diplomacy (dove Mifsud insegnava, ndr) . E lì incontrai anche diverse personalità dell’intelligence britannica».

E dove si trova ora Mifsud? Dove è finito il personaggio principale del Russiagate?
Roh sostiene di averlo chiesto al procuratore americano Durham..
«Gli ho chiesto se lo avesse incontrato, in Italia. Mi ha risposto che anche se lo avesse incontrato, non me lo avrebbe detto. Ma – aggiunge Roh all’Adnkronos – parlando con Durham ho ricavato l’idea che Joseph (Mifsud ndr) sia ancora vivo. Lo spero davvero. Credo che i suoi movimenti siano ora più ristretti. Non può comunicare come prima. E poi credo che anche lui (Durham, ndr) sia dell’idea che Joseph Mifsud, l’introvabile Mifsud, non sia un agente russo…».

Una cosa è sicura, secondo il legale svizzero: Mifsud era certamente vivo nella primavera di quest’anno.
«Ho avuto contatti indiretti con lui tramite la sua famiglia. Sempre in primavera, una sua amica ha avuto un contatto diretto con lui. E mi ha detto che era in Italia, a Roma. Personalmente, l’ultimo contatto diretto che ho avuto con lui è stato alla fine dello scorso anno».

Il racconto di Roh non trovano completi riscontri in ciò che dicono dalla Link, interpellata dall’Adnkronos. Anzi. In qualche caso divergono.

Pasquale Russo, direttore generale della Link, conferma che, nel 2014, Roh, su invito di Mifsud, fa la sua prima visita alla Link, nella vecchia sede di via Nomentana.

«A fine 2015 Mifsud mi disse di venire alla Link University, dove mi aveva già invitato in precedenza. Mi mostrarono il Casale (l’attuale sede dell’ateneo, in via del Casale di S. Pio V a Roma, ndr)».
Anche questa circostanza è confermata dalla Link.

«C’era un grande potenziale di sviluppo – sostiene Roh – loro avevano bisogno di soldi, ma anche di entrature a Mosca. Volevano stipulare un accordo con l’Università statale Lomonosov di Mosca, pensai che era un’idea brillante».

Adnkronos ha chiesto conferma alla Link.
«Il professor Mifsud faceva viaggi per conto suo in cui provava a proporci accordi con altre Università. Perché era nostro interesse portare qui altri studenti stranieri, come è interesse di tutte le Università – spiega il direttore generale della Link Russo – in quel periodo lui ci propose l’accordo con la London School of Economics. Quello con la Stirling University, dove lui lavorava. E altri accordi, tra cui anche quello con la Lomonosov. Accordi tutti stipulati. Mifsud faceva gli stessi accordi anche per altre Università con cui lavorava. Perché Mifsud lavorava per tantissime altre Università».

Ed è così, che «tra il 2016 e il 2017», racconta ancora Roh, «su istruzioni e supervisione di Scotti», l’avvocato svizzero e il professore maltese hanno «effettuato alcuni viaggi in Russia». Per lavorare all’accordo di collaborazione con la Lomonosov e «altre istituzioni».

A Mosca, osserva Roh, Mifsud “«era perso, non aveva alcun vero contatto di alto livello».
Che i contatti con l’Università Lomonosov di Mosca e altre istituzioni internazionali siano avvenuti «su istruzioni e supervisione di Scotti», l’avvocato si dice certo. E, come riscontro, fornisce all’Adnkronos diverse email che stampa direttamente dal suo pc.

Un carteggio tra lo stesso Scotti, Mifsud, Roh e altri dirigenti della Link che, a detta dell’avvocato elvetic, non lascerebbero dubbi, rispetto alla totale presa di distanze dal professore maltese, assunta dall’ateneo romano dopo lo scoppio del Russiagate-Spygate.

L’avvocato Roh si sofferma in particolare, in una mail datata 20 dicembre 2016. E inviata da Scotti a Mifsud e allo stesso Roh, dove il presidente della Link scrive: «Carissimi, ieri sera ho incontrato a Roma l’ambasciatore italiano a Mosca, Ragaglini, già rappresentante italiano alle Nazioni Unite. Abbiamo parlato dell’accordo tra Link e Lomonosov. Mi ha confermato il suo vivo interesse e quello dell’Italia. Mi ha invitato suo ospite a Mosca. E sarebbe interessato a parlare con voi perché vorrebbe, tra l’altro, organizzare un incontro (cena) in ambasciata con i rappresentanti Lomonosov, autorità russe e noi quando voi sarete a Mosca. Ragaglini è persona di grande esperienza, personalità e prestigio. E’ anche mio amico e della Università. Ha operato, in tutte le sedi, per il dialogo con Mosca. Fatemi sapere cosa ne pensate. Enzo».

Anche di questa circostanza l’Adnkronos ha chiesto conto alla Link.

«Mifsud in questa sua attività faceva riferimento a più soggetti. Ma Roh non è mai stato un nostro “ambasciatore”. – dice ancora Russo – Era Mifsud che aveva rapporti accademici. Non ci risulta che Roh ne avesse».

Se Mifsud a Mosca era “perso” e non aveva alcun contatto di livello, come sostiene Roh, negli ambienti italiani sarebbe stato invece «molto ben connesso». L’avvocato svizzero racconta un episodio. «Una cena all’ambasciata italiana di Londra, per una presentazione di Finmeccanica, forse fu quando cambiarono il nome in Leonardo».

Due, a questo punto, le domande che restano nell’aria.
Primo: chi è veramente Joseph Mifsud? Un «agente russo», come lo ha definito l’ex-direttore dell’Fbi James Comey in un articolo sul Washington Post? O una “pedina” di una macchinazione ai danni di Donald Trump (le elezioni del 2016 furono “corrotte” ha detto lo stesso presidente Usa, aggiungendo che la corruzione potrebbe portare «fino a Obama» e che l’Italia «potrebbe» essere coinvolta).

La seconda domanda è: perché Mifsud si nasconde?
Ecco cosa sostiene il suo legale svizzero parlando di lui come di un «serviceman» dei Servizi di intelligence occidentali. Attraverso il Lcipl, il London Centre of International Law Practice, con il quale lavorava.

Cos’era questo “Centro”, per il quale lavorò anche un altro protagonista del Russiagate, George Papadopoulos, citato nel Rapporto Mueller?
Vediamo cosa dice Papadopoulos, nel suo libro “Deep State Target”:
«Il 12 marzo 2016, arrivai alla Link Campus con un gruppo di colleghi della London Centre of International Law Practice, tra cui Donald Lewis. Che è membro della Stanford University, Rebecca Peters e Nagi Idris».

Per Roh, il “Centro” era “semplicemente una copertura per operazioni di intelligence».

Alla Link, invece, ritengono «poco probabile» che il primo incontro tra Mifsud e Papadopoulos sia proprio quello avvenuto a Roma. Questo perché dal sito della società Lcilp risulta che già da tempo Mifusd era dirigente del board e successivamente (comunque prima dell’incontro a Roma) Papadopolus appariva come direttore delle questionei energetiche della Lcil. Società che, a detta della compagna di Papadopolus, Simona Mangiante, «occupava lo spazio di una stanza in un palazzo di una zona chic di Londra, con un tavolo ovale al centro».
Difficile, dunque, non incontrarsi.

Quanto alla seconda domanda, ovvero sul perché Mifsud è sparito dalla circolazione, l’avvocato Roh sostiene che il professore maltese, almeno all’inizio del suo coinvolgimento pubblico nel Russiagate, «non si è nascosto di sua iniziativa, ma gli è stato “imposto’ di nascondersi».

Cronologicamente siamo alla fine di ottobre del 2017. Quando viene resa pubblica l’ammissione di colpevolezza di Papadopoulos agli investigatori del team del procuratore Mueller. Che lo avevano arrestato pochi mesi prima, a luglio, all’aeroporto di Chicago.

In quell’occasione, gli uomini di Mueller contestano a Papadopoulos di aver mentito all’Fbi in un precedente interrogatorio, il 27 gennaio, sui suoi rapporti con un “professore straniero” e le sue connessioni con la Russi.

I ‘rumours’ che provengono da Washington, lasciano trapelare il nome del “professore straniero”: Joseph Mifsud.
Anche lui, il professore maltese, ricorda Roh, «era stato interrogato negli Usa, nel febbraio del 2017, mentre si trovava a Washington per una conferenza organizzata dal Dipartimento di Stato. In quell’occasione, però, a fargli le domande, erano stati gli agenti dell’Fbi ancora guidata da James Comey», poi ‘licenziato’ da Trump pochi mesi dopo, a maggio.

Ma il vero succo del racconto di Roh arriva ora.
Pochi giorni dopo l’interrogatorio di Mifsud a Washington, «il 25 febbraio 2017, Paolo Gentiloni (allora premier, ndr) e Gennaro Migliore (allora sottosegretario alla Giustizia, ndr) vanno nella sede della Link per un incontro strategico privato. Russo è testimone. Questo è stato il momento in cui la Link è entrata in gioco e la vita di Mifsud è cambiata».

Una “bomba” che Roh ha raccontato anche al quotidiano La Verità.
Fonti vicine all’ex-premier Gentiloni, ora commissario europeo, hanno smentito categoricamente la circostanza: «Mai stato alla Link il 25 febbraio 2017». Quanto a Migliore, anche lui all’Adnkronos ha smentito di essere stato alla Link in compagnia di Gentiloni.

«Io Gentiloni non l’ho mai visto», dice Russo all’Adnkronos, mentre Migliore è un frequentatore dell’ateneo, dove partecipa a conferenze e altri eventi. «Gennaro (Migliore, ndr) lo conosco da 15 anni, siamo amici», dice ancora Russo.
Scotti invece afferma sempre all’Adnkronos; «non ho mai incontrato Gentiloni quando era premier, né dentro né fuori la Link».

Il 31 ottobre, è l’ultimo giorno che Mifsud viene visto alla Link University, secondo quanto riferito anche da Scotti in varie interviste e confermato adesso, nuovamente, all’Adnkronos.

C’è un giallo anche sull’alloggio, pagato dalla Link in una palazzina a Roma, nel quale viveva Mifsud. «Dopo l’intervista a Repubblica, Roh scompare – ricordano i vertici della Link – per 2 mesi non abbiamo più notizie, non veniva, non si faceva sentire, gli abbiamo inviato mail su mail ai suoi indirizzi di posta elettronica. Dopodiché, nei termini resi obbligatori dal contratto di locazione, abbiamo inviato la lettera di rescissione. Passati 6 mesi abbiamo restituito le chiavi al proprietario».

Secondo la ricostruzione di Roh all’Adnkronos – e secondo quanto l’avvocato dice che Mifsud avrebbe riferito nella sua “deposizione” registrata ora in mano al procuratore Durham – lo stesso giorno il professore viene quasi prelevato di peso e spedito in un paesino delle Marche, Matelica. A sincerarsi della sua partenza, mentre Mifsud viene fatto salire su un’auto, Roh fa riferimento a quanto gli disse il suo assistito: «c’era il numero due dei Servizi segreti italiani».

«Mifsud mi ha confermato – dice Roh alla Verità – che uno dei capi di una agenzia italiana di servizi segreti contattò Scotti nel periodo in cui scoppiò lo scandalo e si raccomandò che Mifsud sparisse».

A Matelica, prosegue Roh, Mifsud «si è nascosto fino a fine dicembre 2017. Chi ha organizzato questa cosa andrebbe sentito come testimone chiave dell’indagine Durham».

L’avvocato tira in ballo altri due nomi, «Vanna Fadini e Pasquale Russo». Si tratta, rispettivamente, della presidente della Global Education Management srl (Gem), la società di gestione della Link, e del direttore generale della Link Campus University.

La casa di Matelica nella quale si sarebbe nascosto Mifsud tra novembre e dicembre del 2017, dice Roh, «appartiene a un amico della Fadini, un dentista».
I diretti interessati, chiamati a chiarire la circostanza, smentiscono categoricamente. Specie la Fadini. Che all’Adnkronos nega decisamente: «Mai ospitato nessuno a Matelica. Non ho nessuna casa a Matelica, nessun amico dentista, nessuno. Se proprio devo pensare a qualcuno di Matelica mi viene in mente un direttore d’orchestra…».

Roh ha fornito all’Adnkronos anche alcune email nelle quali chiede conto alla Link, della quale è socio ed era membro del consiglio di amministrazione – («ma sono stato estromesso», dice) – di fornire una serie di spiegazioni in merito a questioni finanziarie, al presunto coinvolgimento dell’Università nel Russiagate e alla vicenda di Mifsud.

Roh chiede ancora ai suoi interlocutori della Link di «dare spiegazioni» su presunti finanziamenti all’università provenienti dalla maltese Suite Finance e dalla famiglia Obaid lasciando intendere che potrebbero essere in qualche modo connessi al ruolo di Mifsud nel Russiagate e alla sua sparizione.

Secondo Roh, una volta lasciato il paesino delle Marche, Matelica, Mifsud a fine 2017 va a Malta «a trovare i genitori, che avevano problemi di salute».
All’inizio del 2018, Mifsud è «di nuovo in Italia, principalmente a Roma». Dove avrebbe alloggiato in un appartamento-foresteria della Link. Lo confermano anche  gli estratti conto della sua carta di credito, ottenuti dall’Adnkronos. Come una carta britannica del circuito Mastercard emessa da Debenhams, con la quale Mifsud, tra l’altro, il 24 agosto ha anche ricaricato una sim Tim.

Secondo l’avvocato Roh, Mifsud girava abbastanza liberamente. E «usava una carta di identità italiana a nome Joseph Di Gabriele, credo fosse il cognome della madre. Me la mostrò, l’ho vista con i miei occhi». Era convinto di poter tornare presto alla normalità. Confessa Roh:«Mi disse, appena esce il Rapporto Mueller sarò fuori da questa storia». Perché «tutti erano convinti che il Rapporto avrebbe portato all’impeachment di Trump».

Invece, il Rapporto Mueller, reso pubblico il 18 aprile di quest’anno, anche se con vari omissis, non ha dimostrato con «sufficienti evidenze» che la campagna presidenziale di Donald Trump» si sia coordinata o abbia cospirato con il governo russo nelle attività di interferenza nelle elezioni». A ine mese è in arrivo il rapporto Barr. E, a quel punto, si dovrebbe capire la verità. O forse ancora no.

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