Viale Paolo Colli a Roma. Giovedì l’intitolazione al fondatore di Fare Verde (video)

25 Set 2019 16:56 - di Gloria Sabatini

Viale Paolo Colli. A 14 anni dalla morte, per una leucemia fulminante contratta in Kosovo, una strada della Capitale ( a due passi dal parco archeologico di Tor Marancia strappato dalla destra capitolina alla cementificazione) verrà intitolata al fondatore di Fare Verde, la prima associazione di tutela ambientale estranea alla rete cooperativistica di sinistra nata nel 1986. Perché Paolo era essenzialmente un pioniere, uno sperimentatore, ma anche un cervellone nascosto dietro quegli occhi azzurri e il sorriso scanzonato, un “ragazzo” allergico all’ortodossia di partito e alle scorciatoie. Un militante coraggioso, il primo ad arrivare in piazza, l’ultimo ad andarsene fronteggiando compagni e poliziotti anche da solo.

Giovedì 26 settembre alle ore 10,30 si svolgerà l’inaugurazione del viale a lui dedicato. L’appuntamento è al Parco di Forte Ardeatino, ingresso da Via di Grotta Perfetta. Un appuntamento che corre sui social e rimbalza di bacheca in bacheca tra i tanti che lo hanno conosciuto, apprezzato, magari anche contrastato. Inutilmente. Viale Paolo Colli incrocerà Viale Toni Augello. Una straordinaria “coincidenza”: Paolo e l’indimenticabile consigliere comunale di An morto nell’aprile del 2000 insieme, nel parco di Tor Marancia salvato dal cemento rutelliano alla fine degli anni 90 da un manipolo di consiglieri missini che sfidarono le lobby del mattone e qualche pezzo di partito.

L’intitolazione arriva dopo oltre un decennio di burocrazia grazie alla costanza di alcuni esponenti di Fratelli d’Italia, un tempo militanti del Fronte della Gioventà insieme a Colli, a cominciare da Federico Mollicone, il primo a farne richiesta alla commissione toponomastica del Campidoglio per finire ad Andrea De Priamo, capogruppo al Comune e Stefano Tozzi, capogruppo del municipio del Centro storico della Capitale.

Per Colli l’ecologia è un fatto di civiltà e l’ambiente un patrimonio da lasciare intatto a figli e nipoti. La natura è l’altra faccia del sacro. È la filosofia del dono, dell’agire che strapazza le parole e fa carta straccia dei verbosi programmi scritti.  Paolo, morto a 44 anni il 25 marzo 2005 (una figlia di  36 anni, Chiara, avuta da giovanissimo con la sua compagna di banco Daniela), non è stato soltanto un ambientalista caparbio e sui generis, il vicedirettore dell’Arpa, l’ideatore di campagne diventate storiche come la battaglia per i cotton fioc biodegradabili,  il compostaggio, le energie alternative, i campi anti-incendio nel Lazio, in Campania, in Sicilia, quando Paolo si arrampicava con i suoi ragazzi, “cialtroni” li chiamava, sopra le vette ferite dai piromani e dalle mafie locali. E poi il volontariato nei Balcani, gli aiuti ai terremotati, agli alluvionati, ai popoli affamati dell’Africa nera, le adozioni a distanza.
Paolo viene dalla militanza di strada. Inizia la sua attività politica  come fiduciario del Fronte della Gioventù al “Socrate”, uno dei licei più rossi della capitale, quartiere Garbatella. Era facile incontrarlo in via Sommacampagna o nella sezione missina di via Alessandrina dove andava unicamente per utilizzare il ciclostile e stampare volantini. Partecipò ala mobilitazione per la riapertura della sezione di Colle Oppio chiusa da Giorgio Almirante dopo la strage di Acca Larenzia e lo sbandamento di un’intera generazione. Anni terribili. Anni infami. Il “bunker” di Colle Oppio viene finalmente restituito ai suoi giovani e in mezzo a quel manipolo di cialtroni anche Paolo, che  vissuto sulla propria pelle i lunghi, interminabili giorni del coma di Paolo Di Nella. Tra i promotori di “Fare fronte per il contropotere studentesco” con il pallino di superare la logica dello scontro figlio degli anni ’70 per costruire una comunità di studenti post-ideologica.
L’ecologia viene dopo. O meglio si conficca nel cuore della militanza e viene vissuta come una missione nella stagione adrenalinica delle sperimentazioni, della metapolitica, del superamento dell’attivismo. Fare Verde  è anche il frutto dell’impronta ambientalista di ispirazione rautinana che seduce la comunità giovanile degli anni ’80. E Paolo fu scelto “a tavolino” per l’incursione nel mondo green della sinistra egemone. E da allora non si fermò più: il blocco della centrale nucleare di Montalto di Castro, il sit in davanti a quella di Borgo Sabotino, il trascinamento del Msi verso il no al nucleare al referendum. Paolo Colli sempre in trincea fino al volontariato ambientale internazionale che lo portò, insieme ai suoi “fareverdini”, nelle zone terremotate, in Nigeria, in Kosovo, al cui viaggio si deve forse la ragione della morte dovuta a una leucemia causata dalle scorie di uranio impoverito dovute ai bombardamenti americani.

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