Lug 21 2019

Mario Landolfi @ 12:05

Tre schiaffi in tre giorni ai renziani. Forse è proprio Zingaretti a volere la scissione del Pd…

E se la scissione del Pd la volesse proprio chi lo sta guidando in questo momento, cioè Nicola Zingaretti? Mettiamo in fila gli ultimi fatti: prima si oppone all’idea di Maria Elena Boschi e di Anna Ascani di presentare una mozione di sfiducia individuale a Matteo Salvini con la scusa che «così finiamo per rafforzarlo», poi via tweet liquida come un postulante («non lo conosco») il renzianissimo Michele Anzaldi che invocava la solidarietà (comunque ricevuta) del suo segretario dopo essere stato attaccato dal forzista Maurizio Gasparri su vicende Rai e, infine, assesta uno schiaffo in pieno volto ad un altro pupillo dell’ex-segretario ed ex-premier, Davide Faraone annullandone l’elezione a segretario regionale della Sicilia. Vero è che quest’ultimo atto è formalmente della commissione nazionale di garanzia, ma è anche vero che la decisione è stata adottata a maggioranza e che il ricorso era stata presentato proprio dai sostenitori della mozione Zingaretti.

Dice no alla Boschi, attacca Anzaldi e spodesta Faraone dalla Sicilia

Tre indizi, diceva Agatha Christie, fanno una prova. Del resto, niente di strano se in un partito balcanizzato come il Pd, dove i gruppi parlamentari sono in gran parte in mano a Renzi e dove la possibilità di andare ad elezioni anticipate  è nella disponibilità esclusiva di Lega e M5S, l’idea di favorire una scissione può apparire tutt’altro che peregrina. Renzi, dal canto suo, smentisce il proposito di dar vita ad un partito tutto suo, ma in maniera sempre meno convincente.

P(ara)D(osso): Zingaretti vuol cacciare Renzi, che vuole andarsene

Prova ne sia l’intervista bifronte (o biforcuta) rilasciata al Corriere della Sera: prima dà conto di sue iniziative culturali-imprenditoriali nella Silicon Valley quasi a voler frapporre un oceano e un continente tra sé e le vicende del Pd, ma subito dopo ne passa in rassegna gli errori a cominciare dal niet opposto da Zingaretti alla mozione di sfiducia contro Salvini proposta dalle sue amazzoni Boschi e Ascani: «M5S e Lega si compattano per le poltrone non per noi. Aver perso l’attimo per formalizzare la sfiducia, a me è sembrato stravagante». Una replica tagliente rivelatrice di una fredda determinazione a rompere, ma anche della difficoltà derivante dal non essere padrone del tempo né, tantomeno, della macchina del partito, come proprio il caso Faraone sta a dimostrare. L’esito è paradossale: Zingaretti vuol cacciare Renzi che, a sua volta, vuole andarsene. Ma nessuno dei due sa quando e come.