Gli orrori di Bibbiano, così l’onlus lucrava sulla pelle dei bambini strappati ai genitori

4 Lug 2019 18:33 - di Redazione

Resta solo da stabilire se il traffico di bambini in Val d’Enza, nel cuore della rossa Emilia, sia una storiaccia a sfondo politico in cui circolava anche denaro o se, al contrario, sia solo una squallida vicenda di illeciti profitti coperti dalla foglia di fico dell’ideologia. Un dato però appare certo nell’inchiesta ribattezzata “Angeli e Demoni” che la scorsa settimana ha portato all’arresto di 18 persone, tra cui il sindaco Pd di Bibbiano, su un totale di 27 indagati: le menti dei bambini erano manipolate e le sedute di psicoterapie a loro dedicate si trasformavano in vere e proprie trappole infernali, il cui obiettivo era togliere i piccoli ai loro genitori e affidarli ad amici e conoscenti dei dirigenti dei servizi sociali.

Dall’inchiesta “Angeli e Demoni” emergono nuovi particolari

E qui entra in gioco il denaro. Già, perché la compagnia di giro allestita da Federica Anghinolfi, responsabile dei servizi sociali di Bibbiano e coordinatrice del settore di tutto il comprensorio della Val d’Enza, aveva saputo mettere in piedi un vero e proprio business in grado di dirottare  grosse somme di denaro nelle casse dei centri che ospitavano i bambini. A beneficiarne una onlus torinese, Hansel e Gretel. La onlus, sostiene l’accusa, riceveva i minori in «palese violazione» della legge  in tema di affidamenti di servizi pubblici. Tre suoi psicoterapeuti – Claudio Foti, Nadia Bolognini e Sarah Testa – sono indagati. La Anghinolfi, invece, è ai domiciliari. È proprio lei a gettare una livida luce ideologica sul mostruoso spaccato di Bibbiano. La funzionaria, infatti, è una bandiera dell’orgoglio gay e ha affidato più di un minore a coppie lesbiche, in un caso persino ad una sua ex-compagna.

Il ruolo della onlus “Hansel e Gretel”

È grazie a lei se gli psicoterapeuti indagati operavano gratuitamente all’interno della struttura pubblica “la Cura“, riuscendo però ad incassare grazie a un sistema collaudato ben descritto nelle carte della Procura: «Gli affidatari venivano incaricati dai servizi sociali di accompagnare i bambini alle sedute private e di pagare le relative fatture a proprio nome». Soldi che poi gli affidatari ricevevano mensilmente attraverso rimborsi sotto una finta causale di pagamento. In questo modo, si riuscivano anche a falsificare i bilanci dell’Unione dei Comuni coinvolti. Per ogni singola visita, i terapeuti della onlus incassavano ben 135 euro contro i 60/70 euro l’ora fissata dal “mercato” e nonostante l’Asl di Reggio Emilia avrebbe potuto offrire lo stesso servizio gratuitamente. Foti è accusato di aver alterato «lo stato psicologico ed emotivo di una minore» usandola come una «cavia». In pratica l’aveva convinta, si legge nelle carte, «dell’avvenuta commissione dei citati abusi ai suoi danni durante la sua infanzia». Lo stesso avrebbe fatto la Bolognini.

Il filo rosso con il “caso Veleno”

E non è finita. Secondo una ricostruzione del Giornale, infatti, il nome di Foti e quello della onlus Hansel e Gretel richiamano alla mente anche il famoso caso “Veleno“, una storia avvenuta oltre vent’anni fa nella Bassa modenese e che vide sedici bambini strappati alle proprie famiglie tra su indicazione dei servizi sociali. Secondo le accuse i piccoli sarebbero stati vittime di una rete satanica di pedofili che li costringeva ad assistere e compiere sacrifici umani nei cimiteri. L’esito di quell’indagine era finito al centro di una petizione pubblicata sul sito di Hansel e Gretel con tanto di appello: «Firma la lettera aperta su Veleno: una ricostruzione confusiva che distorce i fatti per dimostrare una tesi precostituita». Guarda caso, il centro Hansel e Gretel è lo stesso da cui provenivano le psicologhe che, all’epoca, interrogarono i bambini del caso “Veleno”. Solo l’indizio di una trama rossa di casi mostruosi sui quali occorre fare piena chiarezza.

 

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