Per far approvare la castrazione chimica chiamiamola “scelta temporanea di azzeramento della libido”

5 Apr 2019 20:51 - di Ignazio La Russa

Come è noto, in questi giorni, si riparla di “castrazione chimica” per i condannati per gravi reati sessuali che, volontariamente, la richiedano al posto della detenzione in carcere. Solo Fratelli d’Italia e Lega si sono detti favorevoli mentre sinistra,  5 Stelle e anche Forza Italia  hanno detto di no, considerandola lesiva di non so quali diritti e comunque contraria a principi di civiltà. Mi sono chiesto cosa li spingesse a tale rifiuto visto che si tratterebbe di una richiesta volontaria per evitare una giusta maggiore afflittività (il carcere). Mi è sembrato poi strano che ad essere contrari, fossero quelli che non hanno obiezioni ad approvare l’eutanasia volontaria a chi si vuole evitare, una grave sofferenza dandosi addirittura la morte.

Ma la spiegazione forse è molto semplice ed ha a che fare con l’immancabile “politically correct”. La parola castrazione richiama immagini truculente e punitive per chi verso i colpevoli ha sempre la propensione al giustificazionismo. Insomma, castrazione non è parola politicamente corretta, così come non lo è cieco (meglio non-vedente) o sordo (si usi non udente) né tantomeno portatore di handicap (si deve dire diversamente abile).

Perciò se si vuole far passare la legge che consenta  al condannato che vuole evitare il carcere di farsi “castrare chimicamente”, basterà usare termini in linea con l’ipocrita correttezza terminologica. Nella legge propongo perciò di scrivere non castrazione ma “scelta temporanea di azzeramento della libido” e la legge sembrerà accettabile anche a quelli che erano i più ostili. Così van le cose.

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