De Vito fa il rompiballe del M5S anche dal carcere: «Io abbandonato, non mi dimetto»

24 Apr 2019 16:18 - di Michele Pezza

Vero è che lui è stato arrestato mentre Siri è solo indagato, ma a scatenare la rabbia di Marcello De Vito, presidente grillino del Consiglio comunale di Roma, è la differenza tra l’imperforabile quadrato eretto dalla Lega di Salvini a protezione del sottosegretario e la sua espulsione dal MoVimento decretata un secondo dopo il clic delle manette. Uguale il reato contestato – corruzione – ma diverso l’orientamento della magistratura e, soprattutto, opposto il trattamento politico: Siri ancora al governo, lui nel limbo.

Il grillino De Vito scrive a Virginia Raggi

Ora, però, ha deciso di uscirne fragorosamente con l’obiettivo di rendere pan per focaccia ai suoi vecchi compagni grillini, Di Maio in testa. Ha preso carta e penna e attraverso una lettera inviata dal carcere fa sapere a Virginia Raggi, al vicepresidente vicario Enrico Stefàno e ai consiglieri comunali che lui non, a non mollare la poltrona di presidente, non ci pensa proprio. «In questo periodo – vi si legge – ho pensato spesso alle dimissioni dalla carica di presidente dell’assemblea capitolina. Ma non posso, non voglio e non debbo farlo. Darò tutte le mie forze per tutelare la vita della mia famiglia e la mia».  Ai colleghi dell’assemblea capitolina De Vito scrive di considerare «privo di presupposti qualsiasi atto che mi abbia privato di qualcosa». Non solo la libertà personale, ma anche «la carica (seppur in via temporanea)» e «la stessa iscrizione agli M5S». Solo la restrizione in carcere gli impedisce di esercitare le sue funzioni. «Ai sensi del regolamento del consiglio – scrive ancora De Vito – considero le assenze dal 20 marzo 2019 contrarie e comunque non imputabili alla mia volontà nonché la sospensione e la temporanea sostituzione prive di presupposti. Credo con forza nella giustizia».

«Provo rabbia e delusione»

Rispetto all’accusa che lo ha colpito, De Vito si è detto «pronto» per il giudizio. «Non sono corrotto né corruttibile e confido nel pieno e positivo accertamento in tal senso da parte della magistratura», si legge nella sua lettera prima di ammettere di aver «provato rabbia e delusione per le parole di abbandono degli “amici”». «Posso dire – ha concluso – che sono più forte di prima».

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