Trump: “Bernie Sanders si candida? Non vedo l’ora, sarà socialismo contro libertà…”

20 Feb 2019 19:08 - di Redazione

Bernie Sanders si candida di nuovo alla Casa Bianca e Donald Trump gli fa i suoi migliori auguri. A parte le simpatie che non ha mai nascosto per il senatore che nel 2016 rese molto più arduo del previsto il cammino verso la nomination all’odiata Hillary Clinton, il presidente ha più di una ragione per rallegrarsi del ritorno in campo del senatore indipendente che, tre anni fa, ha sdoganato in America il definirsi socialista. Il ritorno di Crazy Bernie nelle intenzioni di Trump non fa altro che portare acqua al mulino della strategia che lui ed i repubblicani intendono seguire in vista delle elezioni del 2020: evocare una vera battaglia tra i valori americani di libertà e capitalismo e quelli del socialismo. Lo ha spiegato chiaramente il portavoce della campagna per la rielezione di Trump, Kayleigh McEnany, sottolineando che l’appena candidato Sanders praticamente “ha già vinto il dibattito delle primarie democratiche perché ormai ogni candidato ha abbracciato il suo programma socialista”. Un programma che, ovviamente, verrà poi bocciato alle urne dagli elettori: “Gli americani rifiuteranno un programma di tasse alle stelle, servizio sanitario gestito dallo Stato e difesa di dittatori come quelli in Venezuela, solo il presidente Trump manterrà l’America libera, prospera e sicura” ha concluso il portavoce. Insomma, il ritorno in grande stile alla dicotomia da Guerra Fredda socialismo vs mondo libero”, con l’attualità internazionale, e la crisi in Venezuela, che viene usata quindi anche a scopi di politica interna.

“I giorni del socialismo e del comunismo sono contati, non solo in Venezuela ma anche a Cuba ed in Nicaragua, il socialismo sta morendo, la libertà, la prosperità e la democrazia stanno rinascendo”, ha detto nei giorni scorsi a Miami Trump che più volte in queste settimane ha parlato del Venezuela come nazione un tempo prospera distrutta dal chavismo. Ma il momento in cui la strategia è apparsa più chiara è stato durante il discorso sullo stato dell’Unione: “qui negli Stati Uniti, siamo allarmati per le richieste di adottare il socialismo nel nostro Paese, questa sera rinnoviamo l’impegno che l’America non sarà mai un Paese socialista”, ha tuonato tra gli applausi dei repubblicani e il silenzio di molti dei democratici, soprattutto le matricole alla Alexandria Ocasio Cortez che, sull’esempio di Sanders, si definiscono socialisti democratici”. Secondo il solitamente ben informato Axios, Trump ed i repubblicani credono infatti di aver trovato l’arma vincente per passare, dopo la sconfitta alla Camera alle elezioni di mid term, all’attacco bollando come pericolose politiche socialiste le proposte – assistenza sanitaria pubblica per tutti, asili nido pubblici, aumento delle tasse per i più ricchi, non esclusa una patrimoniale, istruzione universitaria gratuita – che tre anni fa sembravano utopie del radicale Sanders, ed invece oggi fanno capolino dei programmi dei principali candidati alla nomination dem.

“Posso dire con sicurezza che è la prima volta nella mia carriera che credo che l’essenza dell’America sia messa in discussione”, ha scritto il leader del Gop al Senato, Mitch McConnell, in un articolo sul Wall Street Journal su Ocasio-Cortez, che è praticamente è diventata l’ossessione mediatica dei repubblicani. In realtà però, Sanders a parte, nessuno dei candidati alla nomination gradisce di essere etichettato come socialista. “Medicare for all non è una proposta socialista, ma è un modo per assicurare l’assistenza sanitaria a tutti”, ha detto oggi all’ Nbc Kamala Harris, senatrice afroamericana della California considerata al momento tra i favoriti, che ha più volte affermato che non bisogna essere socialisti per credere che negli Stati Uniti sia necessario “correggere” le diseguaglianze di reddito e sanare le disparità di opportunità. Non è detto infatti che brandire il bogeyman del socialismo possa nell’America di oggi sortire gli stessi effetti del passato, soprattutto tra giovani, e minoranze, che appaiono non molto entusiasti del capitalismo. Un recente sondaggio Axios mostra come il 70% degli americani ritenga che il sistema economico debba essere riformato e il 58% per cento lo ritiene troppo in favore dei ricchi. E sempre una maggioranza degli americani – forse ispirati anche dal populismo anti-establishment ed anti Wall Street che ha aiutato Trump ad arrivare alla Casa Bianca dove ha varato uno mega taglio fiscale per i redditi più alti – è convinta che sarebbe giusto aumentare le tasse ai più ricchi.

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