L’ira del tabaccaio che sparò ai ladri: «Le persone perbene in carcere, i delinquenti fuori»

18 Feb 2019 16:49 - di Giorgia Castelli

«Non voglio essere io a giudicare se Peveri è colpevole o no perché non conosco i fatti ma è assurdo: gli imprenditori onesti in carcere e poi scarceriamo pregiudicati, che meriterebbero di stare in galera anni e anni». Franco Birolo, il tabaccaio di Civé di Correzzola Padova, che sparò e uccise un ragazzo moldavo che aveva tentato un furto nel suo negozio il 26 aprile 2012, non può accettare che la giustizia «faccia passare un calvario ulteriore ai commercianti onesti e per bene». Il riferimento è al caso di Angelo Peveri, imprenditore che il 6 ottobre 2011 sparò con un fucile a una banda di ladri sorpresi a rubare nel suo cantiere di Borgonovo, che dopo la condanna in via definitiva a quattro anni e sei mesi per tentato omicidio, andrà in carcere. Nel frattempo, mentre l’imprenditore ha subito altri tredici furti, i ladri hanno patteggiato una pena di dieci mesi. «Peveri viveva nell’incubo perché doveva badare giorno e notte ai cantieri, non si può vivere così – dice  all’Adnkronos – Inoltre gli imprenditori onesti non possono essere condannati a risarcire i delinquenti, altrimenti stiamo favorendo questo tipo di delinquenza, al di là della colpa dal punto di vista penale. Quando mai una persona che subisce un furto viene risarcita in maniera adeguata? I delinquenti non si possono premiare non solo dal punto di vista penale ma anche economico. Ogni caso va valutato a sé ma la persona che sta in casa propria non va in cerca di reati, si trova in situazioni difficili in cui si difende come meglio può. È il criminale che sta facendo un’infrazione, è lui che commette il reato, è lui che comincia». «Dal punto di vista penale la mia vicenda è conclusa – racconta Birolo – sono stato assolto con la legittima difesa putativa. Questa formula però concede ai familiari o alla parte civile tramite l’articolo 2.045 di chiedere un indennizzo in sede civile, sta al giudice poi valutare e quantificare. Io nei prossimi dieci anni posso essere chiamato in causa. So che si stanno già muovendo e tra qualche giorno mi aspetto di ricevere qualcosa».

Legittima difesa, Birolo: «Il governo si sbrighi»

«Inoltre chi mi ripaga questi sette-otto anni passati con il processo, chi mi rimborsa le spese legali che ho sostenuto», si chiede Birolo che nel frattempo, ha dovuto rinunciare anche alla sua attività. «Ho dovuto cedere la licenza della mia attività per pagare l’avvocato e perché avevo paura che potesse capitarmi ancora – sottolinea – Mi sono ritirato in un lavoro meno redditizio per evitare intrusioni notturne. Mi auguro che il governo, che attualmente sta valutando la modifica della legittima difesa, vada a considerare questi casi», aggiunge. «Ieri ho parlato con la figlia di Peveri – racconta ancora Birolo – e mi ha detto che fin dall’inizio del processo hanno sempre deciso di tenere un profilo basso anche con la stampa in modo da far lavorare tranquilli gli inquirenti, invece alla fine è stata una scelta poco favorevole nei loro confronti ma purtroppo sono cose che si vedono sempre alla fine. Anche il pg della Cassazione chiedeva l’annullamento della condanna e il rinvio in Corte d’Appello, cosa che invece non è stata considerata». «A questo imprenditore sarebbe stato giusto concedere una misura più tenue, i domiciliari o un obbligo di firma ma non si può dare il carcere: non se l’è mica andata a cercare, cercava di proteggere ciò che di più caro ha per andare avanti –  spiega – Ci sono tantissimi casi che non vengono denunciati di anziani che vengono picchiati, coppie imbavagliate, furti e c’è gente che invece reagisce perché decide di farlo e poi viene incriminata perché ha tentato di difendere la famiglia».

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  • sergi 20 Febbraio 2019

    VOGLIAMO LA AUTODIFESA, DI POTER DIFENDERSI A CASA PROPRIA