Albania, quei facinorosi che protestano contro il premier amico di Soros e della Ue
Dopo qualche anno di relativa stabilità, in Albania sono ricominciate le rivolte: era dal 2011 che non si registravano sommovimenti popolari di questa portata. Il governo socialista parla di tentativo di golpe e di narcotrafficanti all’attacco, e ha buon gioco nel farlo, perché in effetti negli ultimi mesi il premier Edi Rama, socialista anch’egli, negli ultimi anni ha condotto vaste operazioni contro i santuari della cannabis in Albania, utilizzando polizia e de esercito e bruciando decine di migliaia di piante. A confermarlo, nel 2013, anche la nostra Guardia di Finanza, che con un aereo monitorò le piantagiani di Lazarat, la cittadina albanese dove trutti producono droga. In Albania il commercio della droga rappresenta il 50 per cento del Prodotto interno lordo. Quasi tre milioni di abitanti, molti dei quali emigrati, anche in Italia, l’Albania non ha però risorse di alcun tipo, se si eccettua un po’ di turismo. Il Fondo Monetario Internazionale e la Ue, unitamente agli istituti di statistica europei, sostengono che l’Albania negli ultimi anni ha registrato una performance economica eccezionale, che il Paese è in ripresa, ma andando in Albania non sembra che le cose stiano proprio così. Corruzione, disordine, disoccupazione flagellano ancora il Paese della Aquile, devastato per decenni dalla dittatura comunista, che ancora oggi fa sentire i suoi effetti. Ci sono circa il 60 per cento di sciti musulmani e il 15 per cento tra cattolici e ortodossi, oltre a un’infinità di piccole confessioni religiose di varia natura.