Acca Larenzia/Memorie. La morte di Stefano Recchioni. La prima cronaca del Secolo

7 Gen 2018 8:01 - di Redazione

Nel quarantennale dell’eccidio di Acca Larenzia pubblichiamo alcuni documenti tratti dall’archivio del Secolo d’Italia sulla strage che colpì in modo lacerante la comunità missina. Di seguito la cronaca apparsa sul Secolo il 9 gennaio 1978 a proposito del ferimento di Stefano Recchioni. 

 

E veniamo alle testimonianze raccolte tra i giovani che avevano preso parte all’improvvisato corteo. Tutto è cominciato quando,appresa la tragica notizia della barbara uccisione di due militanti del Msi-Dn ed il ferimento di un altro da parte di un commando comunista, mentre questi uscivano dalla sezione del Msi-Dn in via Acca Larenzia, un folto gruppo di giovani si era radunato nello stesso posto per manifestare il proprio cordoglio. Dopo aver sostato davanti alla sede, raccolti in silenzio, una quarantina di giovani imboccava via Evandro al termine della quale – precisamente in largo Orazi e Curiazi – era schierato un plotone di carabinieri. «Una volta giunti alla fine della strada – è M.D. che racconta – i carabinieri, che stavano con le spalle al muro come se chi andava loro incontro avesse chissà quale potere per metterli in difficoltà,  hanno cominciato a sparare lacrimogeni. Lo hanno fatto, sia ben chiaro, ad altezza d’uomo, tabto è vero che Recchioni e un altro amico sono stati colpiti alle gambe. L’altro ha fatto in tempo a stendersi in terra. Stefano no. Era in ginocchio quando è stato colpito. Chi ha sparato non lo ha fatto in modo isolato, bensì con una serie di colpi».

(…) Un militare, G.B., si è trovato in mezzo ai carabinieri al momento della sparatoria. Nessuno vi ha fatto caso perché come afferma “mi avranno scambiato per uno di loro”. E mentre i miliari sparavano candelotti lacrimogeni ad altezza d’uomo G.B. ha assistito alla scena allucinante dell’omicidio. «C’era un ufficiale – non conosco le sue generalità, ma saprei riconoscerlo perché il suo volto è rimasto impresso nella mia mente – che aveva tirato fuori la propria pistola. L’ho sentito dire: “Chiamate il mio autista, che mi dia la pistola”. Poi ha sparato più colpi contro i ragazzi che erano al di là della strada. La prima,questo non posso giurarlo, ma è l’unica spiegazione valida, gli si era inceppata». Questa testimonianza è stata vissuta «dal di dentro», a pochi passi dallo sconsiderato ufficiale che non contento di «impaurire» i giovani ha voluto anche colpire. «Stefano era in ginocchio – conferma B.C. il giovane che è stato colpito anch’egli di striscio da un lacrimogeno – ci eravamo gettati insieme a terra, ma io sono stato più veloce. Probabilmente sarei stato colpito anch’io se non avessi capito che ci sparavano addosso e non in aria. Stefano lo avrà capito? Non lo so. So soltanto che era in ginocchio e dopo un attimo – in cui ho sentito distintamente i colpi d’arma da fuoco (e sembra strano che in un attimo si possano sentire tante cose) – l’ho visto a terra pieno di sangue; sangue che ha macchiato anche il mio giubbotto».

Ps Dalla parte dell’allora capitano dei carabinieri Edoardo Sivori c’è una sentenza di proscioglimento nel 1983 in quanto il proiettile che colpì Recchioni risultava incompatibile con la sua pistola d’ordinanza.

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