La lezione di Marco Pannella ai giovani del Msi: disobbedienza civile

20 Mag 2016 9:51 - di Redattore 54

È normale che adesso tutti, da morto, lo tirino un po’ per la giacca. Per elogiarlo, certo, ma soprattutto per incastonare Marco Pannella dentro una narrazione di parte, o semplicemente per poter dire: ha avuto a che fare anche con me, anche con noi. Tutto normale. È il coccodrillismo all’italiana. Per cui alla fine il ricordo meno retorico è quello di un ascoltatore di Radio radicale che chiama alla diretta per “salutare Marco” e dice: “Io lo saluto nel modo che a lui sarebbe piaciuto. Fumandomi una bella sigaretta…”.

Ci sono aspetti della storia di Marco Pannella che si intrecciano con quella di altri partiti. I missini sono stati, ed è stato ricordato qui e altrove, tra quegli italiani marginali cui il leader radicale ha rivolto sguardi di rispetto. Si ricorda, in genere, solo la coraggiosa trasferta al congresso del Msi del 1982 con quella frase anacronistica di Giorgio Almirante, “Il fascismo è qui”, che tronca di fatto il dialogo con chi – Pannella – aveva proposto a quell’assemblea il tema della civile dialettica democratica tra avversari che si rispettano. Si ricorda troppo spesso quel singolo episodio dimenticando di citare ad esempio l’enorme stima che Pannella aveva per Pino Romualdi (in privato da lui definito uno dei più intelligenti tra i leader politici conosciuti), il quale non a caso non voleva seguire Almirante nella campagna per il no al divorzio (1974) ritenendo pericolosa e infruttuosa la deriva filoclericale del Msi. Storie di nicchia, si dirà. Ma non ci sarebbe momento più appropriato di questo per portarle alla luce.

Ciò che va ricordato, anche, è la lezione che un politico come Marco Pannella diede, a distanza, ai giovani missini che uscivano dagli anni di piombo. Innanzitutto la sua ferma contrarietà alla pena di morte lo rendeva naturalmente simpatico a quei ragazzi – ed erano tantissimi – che non condivisero la campagna per la pena di morte lanciata da Giorgio Almirante nel 1981. Gli stessi che contro il leader gridavano nei comitati centrali “Peteano, Peteano…”  (la strage in cui Almirante venne ingiustamente coinvolto in virtù di quelle inchieste ideologiche che fecero “scuola” negli anni Settanta). Ma c’era di più: c’era il Pannella che a tribuna politica, dopo l’omicidio di Giorgiana Masi, sfida l’establishment e il conformismo dell’emittente di Stato mostrando ai telespettatori la foto di un poliziotto che spara. Un Pannella anti-sistema, dunque. Ma la cui carica ribellistica non lo portava a sconfinare nelle pratiche del terrorismo ma a teorizzare quella disobbedienza civile che divenne prassi nel Fronte della Gioventù degli anni Ottanta. Protestare senza armarsi. Essere fuori dal regime ma senza uccidere. Essere nemici del sistema superando lo strumentale carosello di piazza degli opposti estremismi. Per i missini che uscivano da un contesto sanguinoso in cui ti sparavano addosso quando uscivi dalla sede di partito quel linguaggio, quella prassi, erano novità da assorbire, erano “modelli” da seguire. Anche al fine di superare la visione angusta dell’attivista anni Settanta, col suo neofascismo muscolare e fuori dal tempo. La politica di Pannella, non c’è dubbio, aiutò a destra la metamorfosi del “picchiatore” in “militante”. E’ vero, si batteva per la liberalizzazione delle droghe leggere. È vero, era un laico, ateo, dissacratore (ma non si può certo imputare a lui una scristianizzazione della società che in Occidente va avanti dai tempi dell’Illuminismo…). Temi su cui c’era un’insormontabile distanza ma la “contaminazione” avvenne sul terreno comune dell’alternativa al sistema.  Così al movimentismo radicale, all’attivismo referendario, all’antischematismo pannelliano guardarono a lungo, e tentarono numerose imitazioni, quei ragazzi cresciuti nelle sezioni missine cui cominciava a stare stretto il culto di Predappio. E cominciarono così a trasformare le manifestazioni in sit-in, a farsi trascinare dalla polizia sdraiandosi a terra, prendendosi le botte (accadde a Nettuno, in occasione del blocco al corteo del presidente Usa Bush, era il 28 maggio del 1989), lasciandosi fotografare sorridenti e in jeans sulle scalinate dell’università la Sapienza. Non più “mazzieri” per conto terzi. Figli del proprio tempo oltre i “cupi tramonti”. E indiscutibilmente un po’ pannelliani…

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