Dai Balcani passano decine di migliaia di clandestini. I confini son saltati

24 Ago 2015 7:35 - di Redazione

Il primo treno per Salonicco parte alle 12, il secondo alle 16. Hasan Ibraim ha pagato il suo biglietto: 45 euro e 40 centesimi. Il viaggio dura sei ore. Lui e i suoi amici cercheranno di dormire, perché poi dovranno camminare tantissimo. Sono l’inizio di un’altra onda umana che si sta formando, in direzione Europa. Magari la vedremo alla stazione Centrale di Milano, magari andrà a sbattere contro il muro in costruzione in Ungheria. Hasan Ibraim sa tutto. Sa molte più cose di noi rispetto a quante ne sappiamo di lui.

La Macedonia è ormai un buco in cui si infilano migliaia di clandestini

«Quando finiranno di costruire il muro in Ungheria?», domanda al giornalista de “Il Messaggero”. Entro settembre, i lavori sono in fase avanzata. «Si – dice – ho visto le fotografie. Sembra un muro metallico, pieno di filo spinato. Non so come faremo a passare». Non è paura, la sua. Non è incertezza. È che ancora non sa. Ma la saprà certamente. Troverà il modo. E infatti, Hasan Ibraim sorride: «Mi sai dire se sul muro dell’Ungheria ci sono le telecamere?». «Segui la ferrovia» Mentre il nostro è uno sguardo frammentario, a pezzi scollegati, lui conosce tutta la strada.

Dalla Serbia entrano più clandestini che dal mar mediterraneo

Conosce le sue ragioni perché conosce i rischi e le alternative, le ha calcolate: «All’inizio pensavo di passare dalla Libia per arrivare a Lampedusa, in Italia, e poi proseguire verso Nord. Ma il mare non è buono per me. Ho scelto il viaggio con meno mare possibile». Ecco cos’è quest’altra strada verso l’Europa, questa rotta che tiene insieme siriani, iracheni, pachistani, cingalesi: è la strada di chi sa camminare 100 chilometri a piedi di notte. «Mi hanno detto che ti massacri i piedi, sanguinano, ti vengono le bolle, ma non muori come nel Mare Mediterraneo. Mi hanno detto che devo comprarmi delle scarpe co- mode e resistenti. Mi hanno detto che 80 chilometri al giorno si possono percorrere, è dura ma si fa. E mi hanno detto anche così: se perdi la direzione, segui la ferrovia come una bussola». Non è proprio vero quello che dice Hasan Ibraim, non su questo punto. La notte fra il 23 e il 24 aprile, un gruppo di migranti è stato investito da un treno all’altezza della città di Veles, in Macedonia. n macchinista li ha visti all’ultimo, dietro un curva: ha azionato il freno. Sono morti quattordici ragazzi afghani. Non c’è niente di veramente nuovo in quello che sta succedendo.

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