Dell’Utri in cella: «Rinuncio a tutto, ma datemi qualche libro». E minaccia lo sciopero della fame

21 Giu 2014 20:22 - di Gabriele Farro
dell'utri carcere

L’ex senatore Marcello Dell’Utri, ora detenuto nell’infermeria del carcere di Parma in cui sconta la condanna a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, è pronto a smettere di cibarsi per protestare contro il regolamento del penitenziario, che gli impedisce di avere in cella più di due libri alla volta. «È molto, molto, molto ma molto arrabbiato – racconta il deputato di Forza Italia, Elio Massimo Palmizio – un conto è scontare la pena, un conto è subire tortura psicologica». Palmizio, coordinatore regionale di Forza Italia Emilia-Romagna, fu il primo parlamentare a far visita al detenuto eccellente, arrivato a Parma via Roma Fiumicino da Beirut dopo l’estradizione concessa dal Libano. Palmizio racconta così l’ira funesta di colui che fu il capo in Publitalia: «Ho fatto un’ispezione al carcere parmigiano. Prima ho visitato l’ala di massima sicurezza, verificando le condizioni dei carcerati. Poi sono passato all’infermeria, in cui Dell’Utri è detenuto in regime non di media ma di alta sicurezza. Un gradino solo sotto al 41 bis, il carcere duro. Se uscisse dall’infermeria avrebbe maggiori limiti a ricevere telefonate e visite, e al dialogo. Ho visitato la sua cella singola. Ha un bagno privato con doccia, una piccola televisione praticamente inguardabile, essendo inglobata in una sorta di scatolotto, concepito per evitare l’autolesionismo. L’ho trovato fisicamente bene, ma molto, molto arrabbiato. Per un motivo semplice: i libri. Può riceverne due alla volta. E il regolamento dice che anche un vocabolario è un libro. Per cui ha un vocabolario e un libro. Per Marcello, per un bibliofilo, è pochissimo. Per lui i libri sono come l’acqua per un assetato». Ed ecco l’annuncio: «Dell’Utri sarebbe disponibile a rinunciare alla tv, all’ora di socialità diurna pur di riavere i suoi libri. Se non riesce in qualche modo a ottenerne di più (tenendo conto che già riceve poca carta, e anche le sue penne non può usarle perché contengono alcol), per leggere, studiare e  anche scrivere, farà lo sciopero della fame. Lui lo ha annunciato alle guardie. E io lo divulgo perché voglio che si sappia: un conto è accettare la condizione carceraria, un conto è scontare la pena, un conto è essere recluso con un caldo asfissiante anche se il reparto che lo detiene dovrebbe essere climatizzato. Ma non si capisce perché non debba avere i libri. Non dico una biblioteca, ma un numero più adatto, almeno cinque alla volta, perché possa fare quello che ama di più. Nelle carceri un problema grosso è la noia. Va bene espiare la pena. La tortura psicologica no, non è tollerabile».

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