Rifiuti, lo scandalo dilaga: ecco come Cerroni governava il business della monnezza

13 Gen 2014 21:38 - di Redazione

Mano a mano che si scava negli affari della monnezza romana emerge un inquinamento politico-istituzionale sconvolgente. Si scopre che in vent’anni di reame di Manlio Cerroni, il “Supremo”, non c’è stato un solo  livello che non sia stato inquinato dai raggiri. Le manovre tentacolari dell’avvocato Cerroni per continuare a governare il business miliardario dei rifiuti e impedire da un lato che altri entrassero nell’affare e dall’altro che nessuno interrompesse il ciclo d’oro della Colari e delle altre aziende dell’impero, si sono infiltrate in profondità nel tessuto sociale, politico, economico e istituzionale arrivando a lambire ambiti impensabili.
Per dire: perfino la Procura di Roma si è trovata, in qualche modo, il passo sbarrato da Cerroni e dai suoi uomini, pedine che l’avvocato aveva sapientemente messo in ruoli chiave. Quando nel 2011 i due pm romani, Alberto Galanti e Simona Maisto, tentarono di verificare la contaminazione delle falde acquifere sotto Malagrotta avanzando al gip una richiesta di incidente probatorio si sentirono rispondere di no poiché la consulenza disposta dai due magistrati escludeva quegli sversamenti. E chi l’aveva firmata la consulenza? L’ufficio istituzionalmete preposto a questi controlli, cioè l’Arpa Lazio. Sennonché ora si scopre che il il direttore dell’Arpa, Fabio Ermolli, ora accusato di abuso d’ufficio e falso, altro non era che  un ex-dipendente di Cerroni. Addirittura, scrivono i magistrati, per tre anni prendeva il doppio stipendio: da dirigente dell’Arpa e, contestualmente, da dipendente di due società di Cerroni, la Systema Ambiente srl e la Vr Systema valorizzazione Rifiuti srl. Ora, giustamente, i magistrati vogliono capire fino a che punto si è spinto il suo doppio lavoro. Di certo ci sono alcune intercettazioni imbarazzanti, una in particolare dell’ottobre 2008, fra Luca Fegatelli e l’amministratore delle discariche di Malagrotta, Francesco Rando, entrambi ora arrestati: «Meno male che adesso c’è Ermolli che ci dà una mano in tutto…».

E non è tutto. Nell’autunno 2008 i carabinieri si presentano a sorpresa a Malagrotta per prelevare alcuni campioni. I campioni vengono poi portati all’Arpa regionale per i controlli. Ma, “accidentalmente”, i campioni vengono danneggiati proprio negli uffici dell’Arpa e divengono inutilizzabili. Un incidente che azzera l’effetto sorpresa cercato dai carabinieri. Si farà un nuovo prelievo ma in contraddittorio con Malagrotta. Una vicenda che ora spinge Storace a chiedere a Zingaretti di revocare l’incarico a Corrado Carruba, Commissario straordinario Arpa Lazio.
Ma Ermolli non è l’unico su cui i magistrati stanno appuntando le loro attenzioni per i nuovi filoni di inchiesta. Al vaglio dei magistrati c’è anche la posizione di Goffredo Sottile, già commissario delegato dal Governo per l’emergenza ambientale, in relazione alle procedure adottate per arrivare alla scelta del sito di Monti Dell’Ortaccio. L’indagine che ha portato alle ordinanze nei confronti di Manlio Cerroni, il “Supremo”, e di altre sei persone sta ora prendendo in esame anche il cosiddetto “capping” di Malagrotta, ossia la messa in sicurezza dell’area prima della sua dismissione e le procedure e  gli atti che hanno coinvolto altri possibili siti prima della soluzione Monti dell’Ortaccio.
D’altra parte come funzionavano le cose quando si trattava del business della mondezza romana lo ha spiegato molto bene agli investigatori uno che quel mondo lo conosceva bene.

Fabio Altissimi, titolare della Rida Ambiente, ha presentato una sfilza di denunce ai magistrati romani. Che la scorsa estate hanno deciso di sentirlo a verbale. I suoi racconti sono uno spaccato di quel mondo che gli era apertamente ostile. E che gli impediva di lavorare.
I suoi verbali sono stati riversati dai pm proprio nell’ordinanza che ha portato agli arresti dei giorni scorsi.
Racconta Altissimi quando incontrò, faccia a faccia, Luca Fegatelli: «Lo incontrai fuori dagli uffici regionali. In quest’occasione gli riferii che la mia azienda aveva l’intenzione di gestire i rifiuti solidi urbani (Rsu) provenienti dalla Campania che in quel periodo versava in forte emergenza. Chiaramente avrei dovuto ottenere preventivamente le necessarie autorizzazioni. Mi ricordo che Fegatelli mi riferì che se non avessi versato ad Arcangelo Spagnoli – allora dirigente della Gestione commissariale dei rifiuti, poi deceduto – un riconoscimento economico, non
previsto e non dovuto, di circa 4-5 euro per ogni tonnellata di Rsu trattati, non avrei potuto ottenere le previste autorizzazioni. Per tale motivo, vista l’anomala richiesta, rinunciai. Ignoro se poi degli Rsu campani siano stati portati o meno nel Lazio».
Accuse pesanti che fanno il paio con quelle lanciate nel corso di un altra verbalizzazione nei confronti di Cerroni. Il patron di Malagrotta gli propose di intervenire sul ministero dell’Ambiente per fargli avere delle autorizzazioni, se avesse preso in carico 500 tonnellate al giorno dei suoi rifiuti. Nell’estate 2012, «mi chiese chi ci fosse imprenditorialmente dietro di me – racconta Altissimi ai magistrati nel settembre 2013 – e quali fossero le mie amicizie politiche».
In un successivo incontro, il 12 luglio 2013, del quale Altissimi ha consegnato alla Procura audio e foto, «Cerroni mi chiedeva di “alloggiare” circa 500 tonnellate al giorno di rifiuto proveniente dai suoi impianti di Roma presso il mio impianto (ad Aprilia, in provincia di Latina, ndr). Non so a quale impianto si riferisse ma parlò di rifiuti CER 191212. Io gli dissi che non avevo le autorizzazioni a ritirare tali quantità perché ero saturo e la mia istanza di aumento era ferma in Regione. A quel punto, con il suo modo un po’ obliquo, mi ha detto che se avesse trovato “alloggio” ai suoi rifiuti avrebbe evidenziato al Ministero dell’Ambiente che la Rida Ambiente non era ancora autorizzata alle quantità richieste. Io declinai perché so che se avessi accettato sarei di fatto diventato un suo “contoterzista”. Da quel momento si é scatenato l’inferno”.
Di fatto, negli ultimi 8 anni, Altissimi ha ingaggiato una battaglia con i dirigenti della Regione Lazio che non avrebbero rilasciato le autorizzazioni ai suoi impianti, alle quali aveva diritto, per garantire il cosiddetto “sistema Cerroni”.
«L’ostracismo vero é iniziato nel 2008 – ha raccontato Altissimi ai magistrati romani -, prima ci occupavamo di rifiuti speciali e non c’erano stati grandi problemi. Quando abbiamo ottenuto l’autorizzazione per trattare i rifiuti urbani e produrre Cdr (combustibile dai rifiuti) la strada si é fatta sempre più impervia. Ho sei avvocati che ci difendono da anni”.
Domani, intanto, inizieranno gli interrogatori di garanzia dei sette arrestati davanti al gip Massimo Battistini. Il primo giorno toccherà al manager di Cerroni, Francesco Rando, al suo socio storico, Piero Giovi e al direttore della discarica di Albano, Giuseppe Sicignano. Mercoledì sarà il turno di Cerroni, accusato di aver promosso un’associazione a delinquere per mantenere il monopolio dei rifiuti a Roma e nel Lazio e, quindi, al suo “ambasciatore” negli Enti locali, il socialista Bruno Landi, ex-presidente della Regione Lazio.
Giovedì infine saranno interrogati i dirigenti della Regione coinvolti, Raniero De Filippis e Luca Fegatelli che ha già preannunciato una memoria scritta.
Presto sarà sentito dai pm anche l’ex-governatore della Regione Lazio, Piero Marrazzo, indagato per falso e abuso d’ufficio per aver firmato, nel 2008, l’ordinanza che autorizzò Cerroni a costruire il termovalorizzatore di Albano. Marrazzo formalmente non poteva firmare quell’ordinanza. E, secondo i magistrati, pur sapendolo, la firmò ugualmente.
Si compatta invece il fronte delle parti civili che intendono prendere parte al processo contro la cricca dei rifiuti.
Dopo Roma, anche Riano annuncia la costituzione di parte civile. Il sindaco del Comune alle porte di Roma sul cui territorio in passato fu identificato il possibile sito per la nuova discarica post-Malagrotta, spiega così la decisione: «Il nostro territorio ha pagato dazio. Abbiamo avuto un crollo verticale delle nostre attività e del mercato immobiliare della zona, con famiglie ridotte sul lastrico. E’ arrivato il momento di dare un giusto riconoscimento a chi per un anno, tra presidi e manifestazioni, ha dato tutto se stesso contro quello che oggi si è scoperto essere stato un grande scandalo».

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