Débacle Hollande a un anno dall’elezione: la parabola del presidente che per la gauche italiana era un modello

27 Apr 2013 11:19 - di Antonella Ambrosioni

Francois Hollande, presidente socialista della Repubblica francese, gode spesso delle citazioni ammirate della gauche  italiana. Tanto più è sinistra, tanto più aumenta il calore dei riferimenti: “fare come Hollande” sulle tasse ai ricchi è un must di Nichi Vendola; “fare come Hollande” sui diritti civili, sul “matrimonio per tutti”, ovviamente gay compresi è un altro argomento sul quale la sinistra italiana non fa economia di applausi. Eppure “a fare come Hollande” si rischia di andare a sbattere: a quasi un anno – il 6 maggio – dalla sua elezione, monsieur le president non può sottrarsi dai bilanci. E i bilanci di Hollande sono pietosi, per la Francia in primis, ma anche per lui stesso, quello che doveva essere il faro della socialdemocrazia. Un reportage dalla Francia sulla Stampa parla chiaro. A forza di “fare come Hollande” si rischia di diventare «un Bersani d’Oltralpe», ironizza Panorama.

Il presidente socialista che aveva promesso di ribaltare la politica europea in chiave non più di austerità ma di crescita, non è riuscito a imporre la sua linea, anzi si trova sotto botta, non è riuscito ad affermare una leadership sicura neppure di facciata. Cambiamento e crescita sono sepolti sotto tre milioni 224mila disoccupati francesi, dato riportato pochi giorni fa, nuovo record negativo nella storia della Quinta Repubblica. Ormai la scusa della cattiva gestione ereditata da Sarkozy i cittadini non la bevono più. Rabbia e delusione sono i sentimenti più diffusi verso l’uomo che doveva salvare la Francia e l’Europa. La sua popolarità è a picco anche tra coloro che lo avevano votato un anno fa. Sperava che bastasse cavalcare il populismo demagogico ma non è andata come sperava perché i conti non tornano: «Hollande aveva giurato che avrebbe rispettato l’impegno europeo di chiudere il 2013 con un rapporto deficit-Pil al 3%», si legge. «Nonostante le stangate chiuderà al 3,7». E questo nonostante la “tassa Paperone”, il sogno proibito della gauche italiana, ossia l’aliquota al 70% sui redditi più alti, che ha portato pochissimo in cassa dal punto di vista economico, gettando solo fumo negli occhi e facendo scappare Depardieu e altri “ricchi” fuori dai confini nazionali, con l’applauso di oltre il 70 per cento dei francesi che sondaggi alla mano, all’epoca approvarono la scelta dell’esule Gèrard. Anche lì le imprese muoiono come mosche. Il sì alle nozze gay gli ha portato in piazza una folla inferocita e a dare la mazzata finale è «l’affaire Cahuzac», l’ex ministro del Bilancio con i conti in Svizzera. Nella sua maggioranza, aumentano i mal di pancia, si sente parlare di rimpasto e il primo ministro Jean-Marc Ayrault appare devastato.

Gli opinion maker francesi consultati non sono entusiasti. «Fatale fare confusione tra ricchi e imprenditori – dice l’ex direttore di Le Monde, Jeean-Marie Colombani- i primi vanno tassati ma i secondi vanno aiutati». «È un sincero socialdemocratico, ma è fuori tempo, è arrivato troppo tardi – commenta Teresa Cremisi, presidente di Flammarion- la socialdemocrazia non pare adeguata a un periodo duro». Delusione da parte di Edwy Plenel, direttore di Mediapart.fr, che ha rivelato l’affare Cahuzac: «Siamo passati da un isterico, Sarkozy, a un attendista, Hollande”, dice accusandolo di scarsa trasparenza nella gestione dello scandalo. Lo storico del Medioevo Jacques le Goffe si dice deluso riguardo al riformismo che non c’è stato. Ora si augura che il presidente sappia «trovare le parole per parlare ai francesi, perché il suo punto più debole è la comunicazione». Mohamed Mechmache, presidente di “Ac le Feu”, il collettivo per le Banlieu, sostiene addirittura che dal tempo delle rivolte del 2005 la situazione è anche peggiorata. L’accusa è di scollamento dalla realtà: «Nel nuovo governo mancano le figure simboliche che possano calmare la rabbia delle periferie delle nostre città». Eloquente il commento di Serge Latouche, il filosofo della Decrescita ( quella vera, non quella di Grillo): «A Hollande mancano le tre C: convinzione, coraggio consenso. Non sono deluso perché non mi aspettavo nulla».

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *