Ungheria 1956: «avanti ragazzi di Buda», ma il mondo rimase seduto (video)

24 Ott 2015 16:23 - di Antonio Pannullo

In questi giorni ricorre un anniversario di cui i giornali europei non si occupano più di tanto, così come accadde quasi sessant’anni fa. Il 23 ottobre 1956 infatti accadde un fatto che lascerà il segno sulla politica internazionale e anche sulla Guerra Fredda e in particolare sull’immaginario dei militanti del Movimento Sociale Italiano: la rivolta d’Ungheria, Paese allora aderente al Patto di Varsavia, rivolta che fu brutalmente repressa nel sangue dalle truppe dell’Unione Sovietica, allora dominata da un brutale regime totalitario comunista. Tutto iniziò con una manifestazione pacifica degli studenti a Budapest, il 23 ottobre. La folla intendeva dare sostegno agli studenti polacchi di Poznan, una cui protesta era stata repressa dall’Urss, ma presto si trasformò in una contestazione anticomunista alla quale aderirono milioni di ungheresi. Il partito comunista ungherese allora nominò premier Imre Nagy, che aderì a molte richieste del popolo, ma il 3 novembre numerosi esponenti del governo di Budapest furono arrestati e lo stesso Nagy si dovette rifugiare nell’ambasciata jugoslava. Il 4 novembre successivo l’artiglieria e l’aviazione sovietiche lanciarono l’offensiva contro gli insorti ponendo fine alla rivolta. La restaurazione in Ungheria fu attuata dal nuovo capo del governo Janos Kadar. Mosca lanciò contro Budapest duecentomila uomini e quattromila carri armati. Vi furono quasi tremila morti tra gli ungheresi e circa 700 tra i militari sovietici, segno che ci fu una vera e propria guerra. Il cantautore di destra Leo Valeriano compose una bellissima canzone sull’agonia dei magiari inascoltata dall’Occidente, Budapest. Ancora oggi, in Vaçi Utca a Budapest, su qualche palazzo, in alto, si possono vedere i fori dei proiettili dell’Armata Rossa.

Quella in Ungheria non fu né la prima né l’ultima rivolta anticomunista

Nei Paesi del Comecon nel corso degli anni vi sono state rivolte e rivoluzioni contro la dittatura comunista di Mosca, ma molto spesso esse giunsero in Occidente attutite, sia dalla Cortina di Ferro sia dalla autentica complicità delle sinistre europee che tiravano la volata o almeno guardavano con tolleranza quando non con simpatia i regimi socialisti. Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania, Ucraina, Cecoslovacchia e altri Paesi sottomessi al comunismo, furono interessate da movimenti democratici e indipendentisti regolarmente repressi nel sangue. Fu un vero olocausto ignorato, sottaciuto, sconosciuto, anche per la responsabilità dei partiti comunisti occidentali e in particolare da quello italiano. Non dimentichiamo che dall’Unione Sovietica non tornarono circa 70mila soldati italiani dell’Armir, che negli anni Settanta erano ancora in gran parte viventi in Urss. Sono agli atti parlamentari le interrogazioni, le mozioni, le richieste dei deputati e senatori del Msi che chiedevano incessantemente al governo italiano di muoversi. Ma nulla fu fatto dai pavidi governi democristiani e socialisti. Tornando all’Ungheria, sono note le terribili trasmissioni dei radioamatori ungheresi che chiedevano aiuto all’Occidente, senza che quest’ultimo avesse il coraggio di reagire. Ma allora c’era la Guerra Fredda, il Muro di Berlino era stato edificato da poco, gli equilibri erano precari, il mondo sembrava sull’orlo di una Terza Guerra Mondiale. E l’Ungheria fu sacrificata a questa logica aberrante, complice, lo ripetiamo, le sinistre europee che sognavano il paradiso rosso stalinista anche in Europa. Va sottolineato che davvero solo il Msi e la sua organizzazione giovanile, la Giovane Italia, in quei mesi fecero conoscere agli italiani la tragedia epocale che si stava svolgendo oltrecortina, peraltro ignorati dalla maggioranza degli italiani, concentrata in quegli anni nel cosiddetto boom economico e nelle speculazioni edilizie della Balena bianca. Lo stesso accadde nel 1968 in occasione della rivolta di Praga, finché finalmente, nel 1989, si vide che il Msi non solo aveva ragione ma aveva detto sempre la verità. Ricordare la sanguinosa rivolta d’Ungheria nel silenzio mondiale significa anche questo, scrivere una pagina nella storia politica del nostro Paese. Se oggi l’Ungheria è una nazione libera e democratica lo si deve anche a quegli studenti che si immolarono contro l’Armata Rossa.

 

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