Pansa torna in libreria: il libro, una raccolta di scritti sui “vinti”, spiega perché fu demonizzato

15 Feb 2022 9:42 - di Riccardo Angelini
Pansa

Torna in libreria Giampaolo Pansa, il giornalista e scrittore morto due anni fa, nel gennaio 2020. Un libro postumo che raccoglie i suoi articoli ma anche interviste e pareri a lui contrari. Il titolo spiega bene quella che fu la svolta culturale di Pansa: “Non c’è storia senza vinti” (Rizzoli). Una visione che rappresentò un merito per la destra, che lo aveva sempre predicato. Ma avere cercato di raccontare il biennio 1943-45 dalla prospettiva dei vinti divenne invece un torto imperdonabile per la sinistra, o almeno per certa sinistra.

“Non è storia senza i vinti”: la prefazione di Adele Grisendi

Perché Pansa è stato accusato di essere un voltagabbana, un falsario o addirittura un fascista? “Non è storia senza i vinti” nasce dalla volontà di trovare una risposta a questo quesito, espresso in modo quanto mai diretto nell’introduzione di Adele Grisendi Pansa. Perché quanto accaduto nel dibattito storico-politico del nostro Paese in seguito ai libri cosiddetti «revisionisti» di Pansa necessita di essere riproposto. In queste pagine si cerca di farlo pubblicando, insieme ad alcune pagine che compongono il suo «ciclo dei vinti», una parte delle recensioni e delle interviste che i maggiori giornali italiani – di diverso orientamento – hanno dedicato a “I figli dell’Aquila” (2002), a “Il Sangue dei vinti” (2003), a “I tre inverni della paura” (2008) e alle altre opere pansiane che, nei primi anni Duemila, hanno svelato per intero quanto accaduto tra il 1943 e il 1945, comprese le responsabilità dei «resistenti».

Le reazioni veementi degli antifascisti

Una guerra civile fatta anche di crimini e vendette e uccisioni da entrambe le parti, di omicidi mirati proseguiti almeno fino al 1948. La «lezione» di Pansa, così influente sotto il profilo storico quanto della memoria collettiva, trova qui la sua evoluzione a partire dai primi anni Duemila. Riusciamo così a seguire l’accendersi del dibattito sulle «scomode» verità di un giornalista decisamente antifascista, e le reazioni spesso veementi e sdegnate degli ormai ex «compagni» e dei movimenti che cercarono – inutilmente – di silenziarne la voce. Al tempo stesso, cogliamo la sintonia dei tanti, intellettuali e semplici lettori, che hanno trovato nel coraggio di Giampaolo Pansa la restituzione all’Italia di un pezzo di memoria fino ad allora negata.

Un’antologia di articoli di Pansa e recensioni che accolsero i suoi libri

Alessandro Gnocchi sul Giornale parla di “un volume prezioso e intelligente. L’antologia di pagine di Pansa è accompagnata da una parte di articoli e recensioni suscitate dal Sangue dei vinti e dai successivi titoli. L’aggressione, non soltanto a parole, che dovette subire Pansa è indecorosa. Per che cosa poi? Per aver raccontato i venti mesi terribili della Guerra civile restituendo voce agli sconfitti. Non era una novità in assoluto ma questa volta la storia degli eccidi partigiani arrivava da un famoso e rispettato uomo di sinistra quale era Pansa; e lo stile accattivante, lontano dal «professorese», conferiva una forza micidiale alle storie. Il sangue dei vinti fu un bestseller e aprì un confronto sui grandi media. Fu dunque un salutare risveglio per le sonnolente coscienze italiane”.

La sprezzante critica di Bocca che bollò Pansa come un “voltagabbana”

“A Pansa – scrive ancora Gnocchi – ne furono dette di tutti i colori. Fu definito dilettante, falsario, copione e infine gli fu rivolta l’accusa delle accuse, quella che serve a buttare fuori dal dibattito pubblico chi non si conforma alla vulgata: fascista. Di più. Giorgio Bocca, in un’intervista che trovate in Non è storia senza i vinti emise una sentenza senza appello: «opportunista» e «voltagabbana»”. Tutto perché Pansa, già studioso della Resistenza, riteneva che anche le memorie dei vinti, dei fascisti, dovessero far parte della memoria collettiva nazionale. Una posizione che gli ha scatenato contro il solito Tomaso Montanari che lo accusò di avere sdoganato “Salvini e Fratelli d’Italia”.

Un libro importante, dunque, che testimonia del modo in cui vengono accolte ancora in Italia le operazioni culturali coraggiose e che si allontanano dal conformismo dominante sul quale dominano le cupolette antifasciste. Tra le quali spicca l’Anpi, che Pansa definì “un club di trinariciuti comunisti”.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *