Mafia Capitale, Meloni: «Inchiesta sfruttata per costruire fortune politiche»

23 Ott 2019 11:20 - di Natalia Delfino
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Un conto è il malaffare, altro conto è la mafia. Un conto è sradicare il primo, altro conto è infangare l’immagine della Capitale d’Italia. All’indomani della sentenza della Cassazione che ha stabilito che il sistema del “Mondo di mezzo” non era mafia, il centrodestra invita a una riflessione – amara – sull’uso strumentale che certa politica ha fatto dell’inchiesta, traendone un beneficio di parte a discapito dell’interesse della città e, si direbbe, del Paese, che ha visto cavalcare l’etichetta “mafiosa” affibbiata alla propria Capitale.

Meloni: «Rimane l’immagine devastata di Roma»

«Di questo processo, che si chiude ridimensionato rispetto all’impianto accusatorio iniziale, rimane l’immagine devastata di un’intera città e dei suoi cittadini», ha commentato Giorgia Meloni.

«La Capitale d’Italia è stata infangata agli occhi del mondo. E sono tanti coloro che non hanno esitato a sfruttare questa inchiesta per costruire le proprie fortune politiche e professionali. La lotta al malaffare – ha avvertito – non deve aver colore politico e FdI sarà in prima linea per difendere la legalità».

Rampelli: «Il marchio Mafia Capitale sfruttato da molti»

Di tenore simile il commento del vicepresidente della Camera Fabio Rampelli.

«Il “marchio” mafia capitale ha fruttato notorietà, fortune politiche, perfino facili carriere per dilettanti allo sbaraglio. E ha punito i romani, indotto istituzioni nazionali e grandi aziende a fuggire altrove, menomato un’immagine di efficienza e prestigio che aveva attraversato i secoli».

«Il malaffare a Roma c’è e va stroncato senza pietà, ma non è mafia. Le bande che hanno messo in moto la macchina delinquenziale che ha sommerso Roma nel fango chiedano scusa alla città e scontino le condanne fino in fondo. Chi si è fatto facile pubblicità sulla pelle di Roma si faccia un esame di coscienza». «Ci vorranno decenni – ha concluso Rampelli – per restaurare l’immagine della Capitale».

Alemanno: «C’è stato sciacallaggio politico»

Per l’ex sindaco Gianni Alemanno, poi, «c’è stato sciacallaggio politico. E la presenza della Raggi lo ha dimostrato ancora una volta». Una critica alla Raggi è giunta anche da Domenico Gramazio, che ha pagato anche personalmente l’onta di una etichetta mafiosa che non aveva motivo di esistere. Il figlio, Luca, ex consigliere comunale e regionale del Pdl, è finito coinvolto nell’inchiesta.

«Sul discorso della mafia, come sarà per tutti gli altri reati, io ho sempre sostenuto che mio figlio era innocente. Sono emozionato. Siamo sempre stati convinti che questa era la strada e finalmente la Cassazione ci ha dato ragione», ha sottolineato. «Mi dispiace per la sindaca Raggi che stava lì, sperando di avere un’arma per continuare a governare la città. Non ha più scuse, la mafia – ha concluso Gramazio – a Roma non esiste».

Commenti

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  • Rino 1 Novembre 2019

    Se non era mafia era corruzione, e se buzzi era un corruttore allora gli altri erano corrotti
    Ricordo che Alemanno insieme a Zingaretti, e altri 111 persone sono stai archiviati dalle accuse perché Buzzi non era credibile in quanto non ammetteva di essere un mafioso, e ricordo che adesso la Cassazione ha detto che Buzzi è credibile.
    Fossi in voi farei silenzio per come avete ridotto Roma, altro che dare voce a Gramazio e Alemanno