Sicilia, un plauso a Musumeci che restaura i borghi fascisti. Il Pd dice no per ignoranza

23 Set 2019 17:45 - di Redazione

La Regione Sicilia guidata da Nello Musumeci ha stanziato 14 milioni di euro per per il restauro dei borghi rurali edificati durante il fascismo. Furono voluti  da Benito Mussolini tra il 1939 e il 1943 ad opera dell’Ente per la colonizzazione del latifondo siciliano e ormai, grazie a decenni di incuria, sono quasi o del tutto disabitati.

La riqualificazione in particolare interesserà il Borgo Lupo (nella foto), in provincia di Catania, il Borgo Bonsignore, nell’Agrigentino ed il Borgo Borzellino, in provincia di Palermo.

Il Pd, ignorando il valore architettonico dei villaggi e anche il loro originario scopo di redistribuire la terra ai contadini siciliani, è insorto contro la decisione della giunta Musumeci con un’interrogazione all’Ars (primo firmatario il dem Giuseppe Lupo): “Chiediamo al presidente Musumeci, in questo caso nella sua ‘doppia veste’ di presidente ed assessore ad interim, di rispondere in aula per spiegare quali criteri, che non siano quelli di matrice ideologica e di fede politica, hanno spinto a selezionare questi tre borghi fra tutti quelli già censiti in condizioni di degrado che, disseminati nell’intero territorio rurale regionale, meriterebbero azioni di recupero e valorizzazione”.

Del valore di questi borghi aveva parlato Antonio Pennacchi nel documentario “Viaggio per le città del duce – Borghi di Sicilia”, un viaggio nella più grande isola del Mediterraneo, tra i borghi rurali sorti durante il ventennio fascista e in cui si rappresenta l’esperienza progettuale delle città nuove in Italia a cavallo degli anni Trenta.

I borghi (alcuni costruiti anche nel 1943) facevano parte – osserva Pennacchi – “dell’assalto al latifondo siciliano” decretato dal Duce nel 1939: 500mila ettari di terra che i latifondisti furono obbligati a dividere, mettere a  coltura e appoderare. Ogni 25 ettari doveva esserci una casa colonica, un podere, un contadino con la sua famiglia. 2507 poderi sorsero solo nel 1940.

I borghi in cui ci accompagna Antonio Pennacchi – 25 quelli da lui scovati durante il primo viaggio tra le città del Duce in Sicilia accompagnato dalla moglie Ivana  – sono ormai fatiscenti, abbandonati, trascurati, ridotti a dormitorio per vagabondi. E ciò nonostante essi costituiscano delle entità “liriche” con architetture d’avanguardia, che ricordano le atmosfere di De Chirico.

Fa benissimo la giunta Musumeci a progettarne la riqualificazione e solo l’odio ideologico che pervade i postcomunisti può accecare il Pd siciliano inducendolo a contrastare questa operazione di grande valore storico e culturale.

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