Palloncini tricolore per Pamela. E Oseghale in gabbia non incrocia lo sguardo dei genitori

13 Feb 2019 15:22 - di Giorgia Castelli

È a pochi metri dalla mamma e dal papà di Pamela Mastropietro ma non incrocia mai il loro sguardo. Innocent Oseghale, alla prima udienza del processo in Corte di Assise a Macerata che lo vede imputato con l’accusa di aver ucciso e fatto a pezzi la 18enne romana un annetto fa a Macerata, siede nella gabbia dell’aula del tribunale. A pochi metri di distanza ci sono i genitori della ragazza ma il nigeriano, che indossa una felpa blu e dei jeans, chiuso nel silenzio, ha lo sguardo fisso nella direzione opposta. Non è stato facile per la famiglia Mastropietro ritrovarselo davanti agli occhi. La mamma, che si è presentata in aula con una maglietta con la foto della figlia e ha dichiarato di aspettarsi una condanna «al massimo della pena possibile», ha abbracciato le persone a lei vicine per farsi forza.

All’esterno del tribunale un gruppo di manifestanti arrivato da Roma ha innalzato palloncini tricolore e due striscioni con la scritta “Pamela vive” e “Giustizia per Pamela”. Il gruppo è poi entrato in tribunale per assistere alla prima udienza. All’interno dell’aula la tensione è altissima. Oseghale ha affidato la sua dichiarazione di innocenza al legale, Simone Matraxia: «Non sono stato io. Non l’ho violentata, non l’ho uccisa. Voglio pagare solo per quello che ho fatto, non per ciò che non ho commesso». Il nigeriano, ha spiegato l’avvocato, «respinge le accuse relative all’omicidio ed alla violenza sessuale. C’è poi l’aspetto che riguarda la cessione della droga e per questa circostanza è pendente un altro procedimento. Noi – ha aggiunto Matraxia – sosteniamo che la morte della ragazza sia stata causata da intossicazione acuta da stupefacenti e non per le coltellate», i cui segni invece sarebbero invece da attribuire al tentativo di sezionamento del cadavere. La difesa di Oseghale ha poi  avanzato un’eccezione di nullità degli avvisi di accertamenti tecnici irripetibili fatti nel corso delle indagini preliminari, ma la Corte l’ha respinto. I giudici hanno, infatti, sottolineato che «è valida la notifica ricevuta presso il domicilio eletto e non presso il luogo di detenzione».

Pamela, parla la criminologa

«Questo è un processo che voglio seguire con grande attenzione. La vicenda di Pamela mi ha molto colpita», ha affermato la criminologa Roberta Bruzzone, consulente della famiglia Mastropietro. Bruzzone ha già presentato una consulenza tecnica preliminare, poi nel corso del dibattimento ne presenterà un’altra più ampia. «Questa vicenda è da trattare in Corte di Assise vista la gravità del fatto – ha sottolineato Bruzzone – il mio lavoro è teso a ricostruire con estrema precisione ciò che accadde a Pamela dal momento in cui ha lasciato la comunità. Secondo me sul banco dell’imputato dovrebbe esserci anche qualcun altro» e in questa vicenda «manca ancora un capitolo». «Pamela ha incontrato delle persone che hanno approfittato di lei –ha sottolineato la criminologa – Mi auguro che sia fatta giustizia per Pamela per restituirle la dignità che è stata violata anche sui social».

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