Il referendum su Salvini fa litigare Travaglio e M5S: «Non sapete che pesci prendere»

16 Feb 2019 15:22 - di Valerio Falerni

«Se i vertici 5 stelle interpellano gli iscritti, significa che non sanno che pesci pigliare, o preferiscono che a pigliarli al posto loro sia la “base. E questo è già preoccupante, per un Movimento nato per contestare i privilegi della casta e per affermare la legge uguale per tutti. Un caso tipico di crisi di identità». Che sventola, ragazzi! Soprattutto se si considera che ad assestarla in piena faccia ai grillini non è la mano di un pidiota qualsiasi o di un berlusconiano assetato di rivincite, bensì quella di Marco Travaglio, editorialista dalla penna tagliente, uno che il movimento di Beppe Grillo lo ha visto nascere e che coccola come nessuno sin dai tempi dei primi vaffa.

Duro editoriale sul Fatto Quotidiano

Almeno fino a questa mattina, si presume scorrendo la prosa acuminata dell’odierno editoriale – “Mai dire Rousseau” -, autentico capolavoro di equilibrismo tra la voglia di mandare a quel paese Di Maio e compagnia e la necessità di salvare il salvabile nel tentativo di non perdere insieme agli elettori Cinquestelle anche i lettori del Fatto Quotidiano. A scatenare l’amara ironia di Travaglio sono i gargarismi dei grillini sul voto che deciderà il destino politico di Matteo Salvini, che il Tribunale dei ministri di Catania vorrebbe processare per il sequestro della nave Diciotti, su cui si trovavano una quarantina di migranti. A dare il via libera, però, deve essere la Giunta per le immunità del Senato. E qui è scattata la tribolazione del M5S, oggi alleato di Salvini, ma che fino a ieri ha brandito come una clava la lotta ai privilegi della Casta.

Travaglio favorevole all’incriminazione del leader leghista

Quel che a Travaglio non è sceso è che per uscire dall’impasse i grillini abbiano deciso di farsi dettare la linea dalla base attraverso un referendum consultivo da effettuarsi lunedì sulla piattaforma Rousseau. Una plateale ammissione d’impappinamento che la dice lunga sulla capacità di guida del gruppo dirigente. Ha tentato lo stesso direttore del Fatto a far da bussola suggerendo il testo del quesito da mettere ai voti in sostituzione di quello contenuto nel video affidato al senatore Giarrusso, uno che già si è espresso in favore del leader leghista. Ma è difficile che venga esaudito. Se Salvini va a processo, viene giù tutto. E, per Di Maio, la poltrona di governo val bene un…Travaglio.

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