Comunque finisce una storia. Salvato il soldato Salvini, ma ormai non dura piu‘

19 Feb 2019 7:33 - di Francesco Storace

Alla fine ha prevalso la voglia di non mollare il governo. Meglio vendere l’anima che buttare a mare Salvini. La sintesi può essere solo questa dopo il sia pure scontato esito della consultazione grillina sulla piattaforma Rosseau, che ha decretato la linea del no al processo contro il ministro dell’Interno: sconfitto il giustizialismo predicato da anni grazie alle mille accortezze usate dal clan più vicino a Di Maio per evitare un risultato sgradito al vicepremier di marca pentastellata.

Giggino aveva dato la sua parola a Salvini,  è riuscito alla fine e nemmeno con largo margine a mantenerla.

Adesso toccherà proprio a Di Maio vestire i soliti panni del pompiere per arginare quelli che tenteranno di ricavare il forte dissenso emerso comunque dalla piattaforma Rosseau con un quesito poco chiaro e sfottuto anche da Beppe Grillo. Il voto nell’aula del Senato su Salvini si avvicina e a Di Maio toccherà fare ancora capriole per salvare l’alleato e il governo. Di mezzo ci si metterà anche Conte che alla seggiola ci tiene. Eccome se ci tiene.

Sarà suggestivo osservare scena e retroscena nei prossimi giorni, perché si inventeranno di tutto, confidando sui mal di pancia di chi se ne frega di passare per traditore del governo e dei Cinque stelle pur di mantenere “lo spirito delle origini”.

Ma comunque la si metta, il destino del governo – Salvini volente o nolente – appare segnato dal voto di ieri.

Non ci si può più fidare gli uni degli altri: il pronostico favorevole al ministro degli interni ha dovuto fare i conti con quella vasta percentuale di  base grillina che ha disatteso le indicazioni di Di Maio e soci.

Il capo della Lega, ovviamente caricato a molla dai suoi, adesso non potrà far finta di nulla dopo la grande paura: anche perché  l’alibi del governo del ribaltone è diventato una chimera con il pronunciamento di Zingaretti che domenica dalla Annunziata è stato chiarissimo. “Se divento segretario del Pd e c’è la crisi di governo indicherò la soluzione delle elezioni politiche anticipate”. 

Che poi anche per il governatore del Lazio sarebbero utili per sbarazzarsi di gruppi parlamentari che non controlla e costruirsene su misura per la propria leadership.

Ancora una volta il cerino starà tra le dita di Salvini e di Di Maio, che hanno sempre meno centesimi da giocare sul destino della legislatura. Anche se il voto del Senato riuscisse ad evitare il processo al ministro dell’Interno come ormai appare, sarà complicato risultare affidabile come prima per il capo politico dei Cinque stelle che ha affidato ad una piattaforma informatica la sorte del suo collega vicepremier.

Prepariamoci alle elezioni piuttosto, e l’Italia potrà vedere finalmente un Centrodestra rinnovato alla guida di palazzo Chigi, con diversi rapporti di forza. Alla fine Casaleggio avrà fatto un gran regalo alla coalizione che odia, il tutto per una spasmodica e controproducente corsa al voto dei propri elettori su una questione di rilevanza costituzionale. E’ proprio vero quanto dicevano i nostri, saggi vecchi: a lavare il somaro si spreca il sapone.

Peggiore fine la rivoluzione del cambiamento non avrebbe potuto disegnare. È il sogno di gloria che si frantuma. E a ben vedere è quello che si meritano dopo anni di demagogia.

Commenti

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  • Gian 19 Febbraio 2019

    La magistratura ha compiuto un atto idiota e i magistrati dovrebbero essere perseguiti per legge.
    Denunciarli per incapacità è un dovere, non un diritto.

  • Max 19 Febbraio 2019

    Caro Direttore ,la Destra ante(i)-cedente Salvini pensi più ai propri errori e a domandarsi come unirsi a Salvini .
    Dipingerlo come un “sopravvissuto “ al voto del sondaggio 5stars non vi fa una buona pubblicità,indietro non si torna.

    • Francesco Storace 5 Marzo 2019

      pessimo votare come se si trattasse di Gesù o Barabba

  • pietro meucci 19 Febbraio 2019

    Grande soddisfazione per la logica conclusione di una faccenda kafkiana, ma soprattutto grande soddisfazione per il sonoro schiaffo alla magistratura rossa.