Adolfo Urso*: Tatarella fu soprattutto il padre politico della nostra generazione

8 Feb 2019 6:00 - di Redazione

«Ciao Adolfo, sei rientrato?». Lo ricordo ancora come se fosse ieri: Pinuccio Tatarella che mi blocca così in uno dei corridoi di accesso al “Transatlantico” a Montecitorio. Era il settembre del 1992 e si profilava l’introduzione di una legge elettorale maggioritaria, frutto del referendum Segni, che avrebbe di fatto cancellato la destra politica del Movimento Sociale Italiano dal Parlamento, riservandolo nella ridotta della quota proporzionale. Ai tempi non ero ancora parlamentare. Davanti a uno scenario così potenzialmente disastroso per tutti noi, Tatarella non era per nulla preoccupato, anzi. Sognava di raccogliere pienamente la sfida del tempo per far uscire, una volta per tutte, la destra dal “ghetto” politico. Sperava di portare a compimento cioè, quello che da tempo era volontà sua e di pochi altri, tra cui Domenico Mennitti e Altero Matteoli.

«Adolfo, hai letto l’articolo di Domenico Fisichella su Il Tempo?». Tatarella si riferiva a un editoriale del professore e politologo uscito pochi giorni prima dove, per la prima volta, emergeva la necessità politica di realizzare una Alleanza Nazionale. «Sì – gli risposi –, è quello che abbiamo sempre aspirato a fare». Ed ecco arrivare qui una delle sue intuizioni: «Mi aiuti a costruire questa Alleanza Nazionale? Tu sei stato “fuori” in questi ultimi anni e ti possiamo far considerare come un soggetto esterno al partito, come me hai sempre pensato che fosse questa la strada giusta».

Tatarella indicava la strada, io cercavo di elaborarla e Fini, da parte sua, la percorreva. Ogni sera noi due ci vedevamo per fare il punto a cena e sempre con qualcuno che intendevamo coinvolgere nel processo: intellettuali, giornalisti, economisti, esponenti politici della destra diffusa. Alla fine, riuscì ad avere ragione. Tatarella aveva vinto la sua battaglia. Di lì a poco, infatti, riuscimmo a portare il MSI-AN nel primo governo di centrodestra della storia repubblicana. Quella foto del maggio 1994, che riprende i ministri “missini” di AN con Gianfranco Fini, conferma in pieno la bontà della regia di colui che Alleanza Nazionale l’ha pensata.

Eravamo a New York in quel febbraio del 1999 quando giunse la notizia della sua morte improvvisa, durante una difficile operazione di trapianto. Ignazio La Russa chiamò me, Gasparri e Matteoli nella sua stanza per comunicarci la notizia. Decidemmo, ovviamente, di rientrare subito a Roma, Tatarella infatti era il padre politico di tutti noi, il padre della nostra generazione, lui che non ebbe figli ma ne aveva “adottati” tanti. Curava, stimolava, talvolta rimproverava, ma sempre con lo spirito di un dirigente militante, tanti giovani che poi hanno segnato la storia della Repubblica, certamente la storia della destra.

Quel padre mancò a tutti noi troppo presto, nel momento cruciale, e la storia, purtroppo, ha preso un corso diverso. Senza la sua guida, quei giovani non riuscirono a proteggere da sé stesso, colui che era stato indicato a guidarli. Ma questa è un’altra storia. Quel-la di Tatarella si ferma in una sala operatoria di Torino. Lui giovane pugliese che tanto amava la sua terra e il suo Meridione, muore nella capitale della emigrazione meridionale.

* Presidente Fondazione Fare Futuro, Senatore

Testo tratto dal libro “Pinuccio Tatarella – passione e intelligenza al servizio dell’Italia”, edito da “Giubilei Regnani”. Link per l’acquisto del libro: http://www.giubileiregnani.com/libri/pinuccio-tatarella/

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