Baglioni, la sinistra un tempo si vergognava di ascoltarlo. Oggi gli farebbe un monumento

12 Gen 2019 19:20 - di Francesco Severini

Claudio Baglioni e i migranti. Claudio Baglioni capitano dei “buonisti”. Claudio Baglioni aedo degli anti-Salvini. Idolo e icona di una sinistra che si attacca ad ogni respiro, ad ogni sillaba disillusa pur di fare “ammuina” contro il governo. Baglioni è oggi una star progressista. E’, anche, il potenziale perseguitato dalla Rai gialloverde che (forse) vorrebbe cacciarlo (Teresa De Santis, direttrice di Rai1, ci avrebbe almeno pensato) . Oggi o si sta con Baglioni o si sta contro.

Ma non è stato sempre così. C’è stato un tempo in cui la sinistra Claudio Baglioni non lo sopportava. Un anno fa, dopo lo strepitoso successo di Sanremo, il primo a conduzione del cantautore romano, fu la ex moglie, Paola Massari, a ricordarlo in un post di fuoco su Facebook al grido di “lasciate stare Baglioni”: “Eh no – scriveva – cari polverosi pennaioli, coevi ingloriosi dei gloriosi anni 70. Portabandiera dei detrattori, d’un colpo folgorati e redenti. Quelli per i quali la dignità del sentimento si riduceva a banale sentimentalismo. Quelli che, o si trombava nelle stanze fumose delle aule occupate, o si era mentecatti romantici. Quelli per cui interpretare la vita senza l’ausilio di uno slogan preso in prestito dalla eco della piazza, relegava la reputazione al marchio di una mosceria giuggiolona e disimpegnata.  Non se la caveranno così quei campioni dell’ impegno politico confuso con la materia inclassificabile dell’arte che vi fece ridurre Baglioni ad un cazzone inadeguato al suo tempo e alla sua stessa intelligenza. Non è con un’autoassoluzione improvvisata che si possono buttare in caciara anni di ostilità estesa a buona parte della stampa, che tradì e offese, osteggiandola, un’anima di raro spessore”.

Baglioni e gli eskimi in redazione

La signora Massari ce l’aveva con il conformismo politico degli eskimi in redazione: “Non è con questo tono pacificatore spolverato di paraculaggine – scrive ancora su Fb – che tutto si archivia in barba alla memoria. Fu puro bullismo ideologico. L’esercizio di un vizio atavico e asservito alla pochezza. Estraneo al pensiero libero. Li ricordo tutti, uno per uno, i giornalisti che infierivano impietosi, mentre nel contempo esibivano uno spudorato pregiudizio favorevole riservato agli eletti sdoganati da un battesimo politico, quando affermavano serenamente e pubblicamente cose del tipo: “Del disco di De Gregori parlerò bene pur senza averlo ascoltato”, mentre quello di Baglioni veniva stroncato a scatola chiusa”. Sempre un anno fa fu Il Dubbio, in un articolo a firma di Daniele Zaccvaria, a ricordare l’ostilità della sinistra nei confronti di Baglioni: “Gli altri parlavano di rivoluzioni, di liberazioni, di pace e di locomotive, di giustizia e di libertà, e lui cantava soave «passerotto non andare via». Non ci mise molto a finire nella lista nera: vacuo, commerciale, inconsistente come una “maglietta fina”, quasi certamente di destra, magari anche fascista, di sicuro sospetto. Comunque impresentabile nelle consorterie della canzone d’autore: erano gli anni 70 e bastava poco per diventare un nemico del popolo”.

E se fosse solo un gioco per alzare l’audience?

Oggi è tutto archiviato, tutto dimenticato. Baglioni è supervezzeggiato sulle bacheche social degli antisalviniani. A meno che – il dubbio è avanzato da Marco Molendini sul Messaggero – dietro tutta questa polemica sui migranti e l’Italia incattivita non sia tutto un gioco per aumentare l’audience.  “Un siparietto così ben congegnato da alimentare il sospetto di premeditazione. Adesso (Baglioni, ndr) può starne sicuro, qualsiasi starnuto potrà trasformarsi in un tuono, grazie anche all’imminenza delle elezioni europee (del resto, il Festival ha una posizione strategica in un mese, febbraio, che cade ogni volta in campagna elettorale, per di più in un Paese dove si vota con alta frequenza). Una bella polizza di assicurazione i cui benefici andranno anche a casa Rai, sotto forma di Auditel”. Intanto Matteo Salvini ha fatto sapere che a Sanremo non andrà: “A me Baglioni piace, ma a Sanremo quest’anno non ci andrò. Mio figlio -ironizza Salvini- mi dice che ascolto musica vecchia, Battisti, De André, Vasco e Baglioni. A me piace quando cantano, poi ogni cantante ha diritto di pensarla come vuole”. Tuttavia “siccome è pagato dai cittadini italiani, da una rete pubblica, per una iniziativa pubblica, se evitasse di usare il microfono e il palco di Sanremo per fare comizi, gli italiani gliene saranno grati”.

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