Ernesto Botto “Gamba di ferro”, il pilota che difese l’Italia dai raid terroristi degli “alleati”

11 Dic 2018 19:40 - di Antonio Pannullo

Ernesto Botto è uno degli eroi italiani dimenticati dalla storiografia del dopoguerra, ma è grazie a lui se si è potuta formare l’Aeronautica nazionale repubblicana, l’aviazione della Repubblica Sociale Italiana, i cui piloti difesero strenuamente, e spesso a prezzo della vita, la popolazione civile italiana dai bombardamenti terroristi indiscriminati messi in atto dopo l’armistizio dagli anglo-americani. Come è noto, gli alleati teorizzarono il bombardamento a tappeto su obiettivi civili, sulle città, opere d’arte, monumenti, allo scopo di fiaccare Germania e Italia. Fu una strategia decisa a tavolino, freddamente: non riuscendo a battere la Wermacht sul piano militare, inglesi e americani, ma principalmente i primi, elaborarono questa strategia di terrore, strategia che poi nel dopoguerra fu messa ampiamente in discussione. Certamente dal punto di vista etico era una barbarie, colpire le popolazioni civili, ma si pensava che da quello militare funzionasse. Il teoreta di questa strategia fu l’inglese Arthur Harris, comandante in capo del Bomber Command della Royal Air Force, soprannominato bomber Harris, o butcher Harris (macellaio). In Italia è ancora vivissimo il ricordo dei bombardamenti a tappeto, quando centinaia di bombardieri, scortati da altrettanti caccia, si levavano in volo confluendo su obiettivi civili per devastarli: scuole, ospedali, chiese, quartieri vennero distrutti un po’ ovunque nella nostra penisola, i morti furono decine di migliaia e i danni incalcolabili. Ancora peggio andò alla Germania e alle sue città, e al Giappone, con le atomiche lanciate sulle città. Eppure non c’è stata nessuna Norimberga per questi crimini contro l’umanità.

Botto tenne l’aviazione legionaria autonoma dalla Germania

Tornando a Ernesto Botto, fu grazie a lui e ai suoi appelli radiofonici nell’ottobre del 1943, che fu ricostutita l’aviazione della Rsi, la quale si oppose come poteva al terrorismo che veniva dal cielo, spesso guidato e incoraggiato dall’interno. Botto, classe 1907, torinese, divenne sottotenente pilota nel 1932 alla scuola di aviazione di Caserta. Nel 1937, promosso capitano, comandò la 32° squadriglia caccia nella guerra di Spagna, dove l’Italia era intervenuta in aiuto ai patrioti di Francisco Franco. Ma in un’operazione, a Fuentes de Ebro, durante uno scontro, Botto venne seriamente ferito alla gamba e dovette rientrare fortunosamente alla base. Operato all’ospedale di Saragozza, gli venne amputata parte della gamba e sostituita con una protesi di ferro, da cui il suo famoso soprannome, Gamba di Ferro. Non approfittò della sua condizione di mutilato per sottrarsi al suo dovere ma, al contrario, insisté per poter tornare a pilotare. Per questa azione gli fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare e la 32° squadriglia fu ufficialmente ribattezzata Gamba di Ferro, in suo onore. Botto divenne popolarissimo in patria e dopo un altro addestramento, nel 1938 venne richiamato in servizio come comandante della 73° squadriglia di base a Gorizia. Lo scoppio della guerra lo vede partecipare ad azioni in Libia, ma un successivo incidente, stavolta stradale, gli toglierà per sempre la possibilità di volare. Nominato tenente colonnello fu assegnato alla scuola caccia di Udine. Dopo l’8 settembre 1943, Botto, come tutti gli altri ufficiali, si trovò disorientato e confuso, oltre che indignato: andò a Roma per parlare con altri piloti e discutere dell’eventualità di costituire un’aviazione per contrastare gli alleati che avevano iniziato a bombardare indiscriminatamente le nostre città. La confusione era totale, anche perché i tedeschi non si fidavano più degli italiani, dopo che questi gli avevano rivolto contro le armi. Botto effettuò dei proclami alla radio per invitare i piloti italiani a continuare a guerra a fianco dell’alleato tedesco, e moltissimi risposero al suo appello, sia per il suo carisma sia perché la ritenevano la cosa giusta da fare. Il resto è storia nota: autentici eroi come Adriano Visconti, Luigi Gorrini, Aristide Sarti e tanti tanti altri, ogni giorno si levavano in volo per affrontare in pochi un numero preponderante di avversari, al solo scopo di difendere la popolazione civile italiana dall’aggressione selvaggia di migliaia e migliaia di tonnellate di esplosivi scaricate quotidianamente sull’Italia.

Botto aderì alla Rsi pur sapendo che la guerra era persa

Botto sapeva, e lo confidò in seguito, che la guerra era perduta, ma con l’Anr cercò di limitare i danni per i civili italiani. E l’abnegazione di questi piloti è tanto più ammirevole in quanto il loro compiti si solgeva tra difficiltà di ogni tipo, dal carburante che non c’era alla stanchezza, allo scarso coordinamento con i comandi, ai cattivi rapporti con i tedeschi, che non vedevano di buon occhio un’aziazione italiana autonoma quale invece l’Anr fu. Ma i piloti si comportarono in modo tale da far ricredere i tedeschi, e lo stesso capo ella Luftwaffe Herman Goering, sulle capacità militari e sul coraggio del soldato italiano. Alla fine della guerra, per varie ragioni, Botto dette le dimissioni e fu sostituito dal generale Arrigo Tessari, pilota di grande esperienza e valore, pluridecorato, più gradiro di Botto però ai tedeschi. Botto si ritirò a Torino, dove non venne mai molestato dai nemici del fascismo, che anzi lo protessero per i suoi grandi meriti. Alla Commissione di epurazione che lo inquisì, Botto replicò di non dover rispondere e che qualsiasi informazione la si sarebbe potuta ottenere dal suo libretto militare. In sequito Botto aderì al Movimento Sociale Italiano, nelle cui file nel 1951 fu eletto consigliere comunale a Torino, ottenendo ben quattromila voti, ma alla prima seduta fu dichiarato ineleggibile poiché aveva combattuto nella Repubblica Sociale. Morì serenamente nella sua città l’11 dicembre del 1984, circondato dalla stima e dal rispetto di tutti. Oltre alla Medaglia d’Oro, Botto ha ricevuto anche una Medaglia d’Argento al Valor Militare, una Croce di Guerra e due medaglie commemorative della guerra di Spagna. A lui e ai suoi piloti va la gratitudine dei civili italiani risparmiati dal fuoco nemico grazie al loro sacrificio.

Commenti

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  • Angelo 21 Dicembre 2018

    Onore e gratitudine al Tenente Colonello Ernesto Botto!

  • antonio 12 Dicembre 2018

    Caro Pannullo, la WERMACHT è stata sconfitta, anzi distrutta, dall’ ARMATA ROSSA che di bombardamenti a tappeto penso non ne abbia fatto neanche uno