Così la lobby finanziaria europea vuole sabotare la Brexit. Ma la May tira dritto

6 Dic 2018 15:37 - di Antonio Pannullo

Le sinistre europee e le oligarchie finanziarie internazionali ce la stanno mettendo proprio tutta per sabotare la Brexit, ossia l’uscita dalla Ue decisa liberamente dai cittadini britannici in uin referendum democratico. E probabilmente tutte queste pastoie burocratiche e difficoltà sono create ad arte dalle èlite fanatiche pro Ue per scoraggiare in futuro quei popoli che volessero decidere di uscire dalla Ue. E mentre la Camera dei Comuni si prepara al terzo giorno consecutivo di dibattito, la premier Theresa May è tornata ad accusare i suoi oppositori di voler “vanificare” la Brexit. Nessuno di coloro che oggi criticano l’accordo raggiunto con Bruxelles, ha detto la premier in un’intervista radiofonica alla Bbc, ha proposto alternative praticabili. La May ha quindi nuovamente escluso la possibilità di un secondo referendum. Nel 2016, ha detto, gli elettori hanno espresso un “chiaro messaggio”, con il 52 per cento che ha votato per l’uscita dalla Ue. “Molti di coloro che vogliono un secondo referendum lo vogliono perché sperano ci sarà una risposta diversa. Questo non è giusto”, ha detto la May. Le critiche e l’opposizione all’accordo espresse in Parlamento, ha aggiunto, “non hanno a che fare con questo accordo, ma di fatto hanno a che fare col tentativo di vanificare la Brexit”. La premier ha quindi ribadito che “l’interesse nazionale è garantire l’uscita dall’Unione europea“, concretizzando il voto espresso nel referendum del 2016.

E’ stato il cancelliere dello Scacchiere Philip Hammond ad aprire il terzo giorno di dibattito parlamentare alla Camera dei Comuni sull’accordo per la Brexit raggiunto da Londra e Bruxelles. Lo speaker dei Comuni, John Bercow, ha annunciato che oggi sono iscritti a parlare 75 deputati. Il dibattito si concluderà l’11 dicembre con il voto finale dell’aula. Secondo gli annunci degli ultimi giorni, il governo guidato da Theresa May non disporrebbe al momento dei voti necessari a fare approvare l’accordo. Stamani Downing Street ha smentito le indiscrezioni secondo le quali il voto sarebbe slittato per evitare la sconfitta del governo. Secondo quanto riporta il Telegraph citando fonti di Bruxelles, i leader europei sarebbero disposti ad estendere l’articolo 50, il meccanismo che regola formalmente la fuoriuscita volontaria di un paese dall’Ue e cui Londra è ricorsa il 29 marzo del 2017, nel caso in cui il parlamento britannico respingesse l’accordo sulla Brexit. Nel caso in cui si arrivasse a questa estensione, Londra non dovrebbe uscire dall’Ue, come attualmente previsto, il 29 marzo prossimo, ossia due anni dopo la notifica del ricorso all’articolo 50. La premier britannica, Theresa May sarà a Bruxelles il 13 dicembre per incontrare i suoi colleghi europei, due giorni dopo il voto. Due giorni fa, in risposta ad una richiesta arrivata da alcuni politici scozzesi, che avevano chiesto l’intervento dei giudici di Lussemburgo per sapere se Londra può bloccare la Brexit, l’avvocato generale della Corte europea di giustizia, Manuel Campos Sanchez-Bordona, si era espresso a favore della possibilità per il Regno Unito di revocare unilateralmente la sua decisione di uscire dall’Unione Europea. E stamattina è stato annunciato che la sentenza della Corte di Giustizia Ue sulla reversibilità della notifica della volontà di ritirarsi dall’Ue in base all’articolo 50 del Trattato dell’Unione Europea sarà pronunciata lunedì prossimo, 10 dicembre, alle 9 di mattina, il giorno prima del voto ai Comuni sull’accordo Londra-Bruxelles.

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