Vibo Valentia: sequestrata, legata e presa a calci e bastonate per 17 ore

2 Ott 2018 10:50 - di Paolo Sturaro

Tre indagati, arrestati dai carabinieri di Vibo Valentia. Sono considerati i presunti responsabili del sequestro di una quarantenne vibonese, avvenuto lo scorso 22 settembre. Sono accusati di «aver privato della libertà personale la donna e di averla contestualmente percossa ripetutamente per oltre 17 ore con calci, pugni e bastoni». Si tratta del compagno della donna e dei due fratelli. Il movente sarebbe da ricondurre alla contrarietà del compagno della donna (e dell’intera famiglia) ad avere in casa i due figli della vittima, avuti da due precedenti relazioni. L’intera vicenda parte dalla denuncia fatta ai carabinieri la mattina dello scorso 23 settembre da parte di un giovane di 20 anni, per la presunta scomparsa della madre. Ricevuta la segnalazione, i militari hanno subito avviato le ricerche e hanno contattato telefonicamente il convivente della vittima che, durante la conversazione, si è dimostrato «stranamente poco interessato alla vicenda». I militari si sono insospettiti e hanno deciso quindi di raggiungere subito l’abitazione dell’uomo. Si sono trovati davanti una situazione poco chiara: l’uomo stava trasportando a bordo della propria vettura proprio la donna che gli inquirenti stavano cercando.

Il compagno della vittima
colto di sorpresa a Vibo Valentia

Impacciato e colto di sorpresa, si è giustificato con i carabinieri dicendo che, dopo la loro telefonata, si era messo alla ricerca della compagna e che l’aveva ritrovata fortuitamente riversa per strada in stato di semi-incoscienza, con ecchimosi sul volto. L’uomo ha poi aggiunto che la stava trasportando in ospedale a Vibo. La donna, arrivata in codice giallo al pronto soccorso, aveva tumefazioni e lividi sparsi su tutto il corpo, aveva profondi solchi sui polsi e sulle caviglie. Questi solchi hanno indotto a pensare che era stata legata. In più, era scalza. All’interno della sala d’attesa, sono giunti contemporaneamente anche i numerosi familiari della vittima. Vedendo il compagno della donna hanno dato in escandescenze tanto che – per calmare gli animi – è stato necessario l’intervento degli equipaggi dei carabinieri e della polizia.

Le dichiarazioni della donna
seviziata in un capannone

La donna ha dichiarato di essere stata prelevata per strada e trasportata in un capannone agricolo. Qui era stata picchiata e seviziata. Partendo dalle sue dichiarazioni i carabinieri hanno avviato serrate indagini. Sono stati perquisiti luoghi e veicoli potenzialmente utilizzati per compiere il delitto. Sono state trovate due corde e un rotolo di nastro verosimilmente utilizzati per immobilizzare la vittima e impedirle di parlare. Le ricerche sono state estese anche nei magazzini nella disponibilità della famiglia del compagno della donna. Qui sono state ritrovate le scarpe della vittima. A quel punto la situazione è apparsa chiarissima. Con i riflettori puntati su Leoluca Lo Bianco e i fratelli Antonio e Salvatore.

La ricostruzione dei carabinieri
dalla telefonata del figlio al sequestro

Secondo quanto ricostruito dai militari, il 22 settembre, nel primo pomeriggio, mentre la donna era in auto con il convivente, aveva ricevuto la chiamata sul cellulare dal figlio 20enne. Il giovane le aveva riferito di essere molto preoccupato poiché pedinato dai fratelli di Leoluca Lo Bianco. Terminata la conversazione telefonica il figlio aveva perso le tracce della madre. A seguito della telefonata era nata un’accesa discussione con il compagno, motivo per il quale la donna era stata successivamente rinchiusa in un capannone dai tre uomini. Era stata legata con le corde a una canna fumaria per la tostatura delle nocciole, colpita con bastoni di legno e spranghe di ferro, calci, pugni, e lasciata senza cibo e acqua, Il tutto fino al pomeriggio successivo, quando il compagno, spiazzato dalla convocazione in caserma dei carabinieri, aveva deciso di liberarla inscenando una prestazione di soccorso in suo favore.

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