Pensioni, nuove regole: divieto di lavoro per chi lascia a 62 anni

7 Ott 2018 11:21 - di Adriana De Conto

La legge Fornero ha le ore contate. Il suo superamento contenuto nel Def che gli economisti del governo stanno limando prevede anche un altro aspetto importante che potrebbe tornare a vantaggio dell’occupazione giovanile: potrebbero tornare i divieti di cumulo tra pensione e redditi da lavoro che erano stati cancellati nel 2009. A chi lascerà il lavoro utilizzando le nuove norme, ossia la cosiddetta «quota 100» con 62 anni di età e almeno 38 di contributi, potrebbe essere completamente vietato intraprendere attività autonome o a anche da dipendente per arrotondare la pensione.  Lo leggiamo nell’approfondimento del provvedimento proposto dalle colonne del Mezzaggero. Insomma, regole, diritti e doveri. “Non è ancora stato deciso se il divieto di cumulo sarà «assoluto», oppure se ci sarà un meccanismo di penalizzazione come esisteva in passato. In pratica fino alla metà della retribuzione dell’attività lavorativa svolta dal pensionato, potrebbe tornare all’Inps o al Fisco”.

Pensioni, nuove regole

Il divieto di cumulo sarebbe un punto dirimente della riforma previdenziale del governo. Cosa comporterebbe? Andrebbe incontro all’idea di sostituire i lavoratori più anziani con forze giovani. “L’obiettivo è che per ogni due pensionati, ci sia almeno l’assunzione di un ragazzo. Quello che si vuole scongiurare, reintroducendo il divieto di cumulo – si legge-  è che le aziende mandino via i propri dipendenti per poi riassumerli a costi ridotti da pensionati. Nella stessa Nota di aggiornamento del Def è esplicitata la volontà del governo di sbloccare il mercato del lavoro ed «aprirlo stabilmente ai giovani per garantire al Paese quel ricambio intergenerazionale che potrà avere effetti positivi anche sull’attività dei comparti pubblici e privati».
L’attuale regime, spiega ancora la Nota, sta impedendo questo ricambio vitale se si vuole ricostruire un “patto” tra giovani e anziani, che la legge Fornero aveva fatto saltare.  Per consentire dunque al mercato del lavoro «di stare al passo con i progressi tecnologici è oggi necessario accelerare e non ritardare questo processo e dare spazio alle nuove generazioni interrompendo il paradosso per il quale giovani, anche con elevata istruzione, rimangono fuori dal mondo produttivo mentre le generazioni più anziane non possono uscirne».
Per il resto la riforma della Fornero è fatta. Come detto si potrà accedere al pensionamento anticipato con almeno 62 anni di età e 38 di contributi. Chi ha 63 anni dovrà comunque garantire i 38 anni di contributi e, dunque, la quota salirà a 101. Resterà in vigore anche il pensionamento di vecchiaia a 67 anni e 10 mesi. Chi lascerà con questo requisito il lavoro, non avrà divieti di cumulo. E lo stesso vale per chi arriverà alla contribuzione massima, ossia 42 anni e 10 mesi. È intenzione del governo, poi, congelare l’aumento dell’età e dei contributi prevista per il primo gennaio del prossimo anno, quando l’età di vecchiaia dovrebbe salire a 67 anni, e quella contributiva a 43 anni e tre mesi.

Commenti

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  • Il saggio 8 Ottobre 2018

    La storia insegna che ogni governo ha peggiorato il debito pubblico sia con la liberalizzazione delle pensioni a chi non aveva lavorato i 40 anni canonici (vedi parlamentari) sia con le elargizioni pecuniarie corrisposte agli elettori utili.

  • Pietro 8 Ottobre 2018

    Se il mio commento deve essere sottoposto ad approvazione, di chi?, dove sta la libertà?

    • Redazione 8 Ottobre 2018

      L’approvazione è fondamentale in quanto non è una limitazione della libertà dello scrivente ma, non è il suo caso, potrebbe tradursi in una limitazione della libertà della nostra comunità nel momento, e le assicuro che ce ne sono, in cui alcuni lettori usino toni e parole non consone.

  • Pietro 8 Ottobre 2018

    Ho 90 anni e 7 mesi. Ritengo di poter esprimere le mie più che negative considerazione verso la classe politica. Non è cambiato niente, salvo le continue promesse mai mantenute e di contro risultati che prevedono solo favoritismo, oltremodo vergognoso, alla casta politica.
    Al posto dei terremoti naturali, che colpiscono la povera popolazione, necessitano terremoti che
    possano eliminare la sporca politica a beneficio di tutti.

  • ANTERO 8 Ottobre 2018

    Finalmente …..

  • Mauro 8 Ottobre 2018

    Francamente credevo che se stavi in pensione non potevi lavorare ed avere altri redditi di lavoro e/o professione. Pertanto mi sembra logico che qauesta norma venga rimessa ed anche per coloro che lasciano senza contare della quota 100.-

  • Laura Prosperini 8 Ottobre 2018

    beh, se vogliamo creare nuovi posti di lavoro per le generazioni successive dobbiamo (quì si) mettere delle regole ma oltre alle regole dovremmo dare a chi esce dal mercato del lavoro (va in pansione) la possibilità di una vita autosufficente con una pensione adeguata, in caso contrario (se non hanno soldi a sufficenza per poter vivere autonomamente e dignitosamente
    o non si va in pensione
    o cercheranno di lavorare in nero (per sopravvivere)
    mentre non dovremmo mettere i c.d. paletti in uscita,
    cioè a quota 100 (anche 95) senza minimo contributivo si può uscire
    chiaro che il peggior deterrente alla pensione è proprio il sistema di calcolo con il “contributivo”
    se ci fosse il retributivo (ultimo stipendio, media ultimi stipendi)
    sarebbe tutti molto più incentivati ad andare in pensione ed a creare, così nuovi posti di lavoro.
    Ci vuole più coraggio, cambiamo il metodo di calcolo non più contributivo (dove i conti valgono più degli uomini) e ripristiniamo il retributivo (dove il pensionato deve poter essere autonomo e dignitoso)
    Il timore di forare il Bilancio verrebbe ampiamente compensato dal maggio flusso di denaro nei consumi e dal maggior numero di nuovi posti di lavoro con netto calo della disoccupazione e…
    una nuova generazione di nuovi lavoratori molto più numeroso che renderebbero perfettamente sostenibile il sistema pensionistico
    Avremmo quindi
    – più pensionati, molto più soddisfatti (questo si traduce in consumi molto più frequenti e consistenti)
    – più nuovi occupati (felici) meno disoccupazione e quindi aumento dei consumi anche nelle nuove generazioni (che da disoccupati non consumavano se non attraverso i genitori).
    Dobbiamo avere più coraggio e lungimiranza