Omicido Yara, ultimo atto: Bossetti spera nella Cassazione. Gli indizi contro di lui

12 Ott 2018 14:33 - di Redazione

Omicidio Yara, ultimo atto: oggi la Cassazione rischia di mettere la parola fine alle speranze di Massimo Bossetti, il quale si è sempre dichiarato innocente ma che fin qui è stato riconosciuto colpevole e condannato all’ergastolo. Ma i suoi legali non si arrendono, e procedono – fino alla fine – con consulenze di parte, documentazioni, argomentazioni, con qualunque cosa possa mettere in discussione le precedenti sentenze e acclarare l’innocenza del loro assistito, a scapito delle tesi e delle richieste dell’accusa.

Omicidio Yara, ultimo atto: oggi la sentenza della Cassazione

Dunque, ci siamo: i giudici della prima sezione della Suprema Corte dovranno decidere se confermare la sentenza ribadita in appello, annullare la condanna senza rinvio oppure accogliere le eccezioni sollevate dalla difesa e riaprire un nuovo processo dove potrebbe essere concessa la perizia sul Dna invocata da sempre, a gran voce, dall’imputato. Un delitto crudele, quello della giovanissima ginnasta bergamesca, al centro di un’inchiesta record senza eguali in Italia e nel mondo, e un processo in cui la prova scientifica è protagonista assoluta. E oggi, dopo lunghe e complesse indagini raccolte in 60 faldoni, per Massimo Bossetti condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, arriva l’ultimo grado di giudizio: la Cassazione renderà definitiva la sua condanna, la annullerà senza rinvio oppure gli permetterà di sperare con un altro processo. Oggi, davanti ai giudici della prima sezione della Suprema Corte, arriva un caso di cronaca che da otto anni continua a dividere l’Italia e il mondo, spaccando nettamente l’opinione pubblica tra innocentisti e colpevolisti.

Omicidio Yara: le tappe del giallo di Brembate

  1. 26 novembre 2010. Sono le 18.40 circa quando Yara, 13 anni, esce dalla palestra di Brembate di Sopra (Bergamo) e di lei si perdono le tracce. La giovane ginnasta va nel centro sportivo di via Locatelli per consegnare uno stereo, poi il buio la ingoia lungo i 700 metri che la separano da casa. Alle 18.49 il suo cellulare nero viene spento per sempre. Le ricerche non trascurano nessuna pista: dall’allontanamento volontario al rapimento. Un operaio di un cantiere edile di Mapello dove conducono i cani molecolari usati per le ricerche, viene fermato su una nave diretta in Marocco perché sospettato. Pochi giorni dopo le accuse crollano: non è lui l’assassino di Yara.
  2. 26 febbraio 2011. Mamma Maura e papà Fulvio smettono di sperare: il corpo della loro bambina viene trovato da un appassionato di aeromodellismo in un campo abbandonato a Chignolo d’Isola, a pochi chilometri da casa. L’autopsia svela le ferite alla testa, le coltellate alla schiena, al collo e ai polsi. Nessun colpo mortale: Yara era agonizzante, incapace di chiedere aiuto, ma quando chi l’ha colpita le ha voltato le spalle lei era ancora viva. Il decesso, dopo una lunga agonia, avviene quando alle ferite si aggiunge il freddo.
  3. 9 maggio 2011. Su slip e leggings della vittima viene isolata una traccia biologica da cui è possibile risalire al Dna di “Ignoto 1”. Dopo il confronto con centinaia di profili si può affermare che il sospettato è figlio illegittimo di Giuseppe Guerinoni. Viene riesumata la salma dell’autista di Gorno, la probabilità che siano padre e figlio è del 99,99999987%, ma non basta per dargli un nome. Si riparte dal Dna mitocondriale (indica la linea materna) e la comparazione tra “Ignoto 1” e Ester Arzuffi (traccia nelle mani degli investigatori dal 27 luglio 2012) porta al match: la probabilità che siano madre e figlio è del 99,999%.
  4. 16 giugno 2014. Il presunto assassino di Yara ha un nome: è Massimo Bossetti, 44 anni, residente a Mapello. Sarà il ministro dell’Interno Angelino Alfano ad annunciare via Twitter le manette. Sposato, padre di tre figli, il suo Dna (acquisito con un alcoltest) combacia con “Ignoto 1”. Per lui l’accusa è di omicidio con l’aggravante di aver adoperato sevizie e di avere agito con crudeltà. Un delitto aggravato anche dall’aver approfittato della minore difesa, data l’età della vittima.
  5. Il 3 luglio 2015 inizia il processo davanti alla Corte d’assise di Bergamo.

Omicidio Yara, le tappe del processo a Massimo Bossetti

  1. 1 luglio 2016. Dopo l’ultimo appello dell’imputato, che continua a dichiararsi innocente e a chiedere una perizia sul Dna, i giudici condannano Bossetti all’ergastolo, come chiesto dal pubblico ministero Letizia Ruggeri, e riconoscono l’aggravante della crudeltà. Viene assolto invece «perché il fatto non sussiste» dall’accusa di calunnia nei confronti di un ex collega. Su di lui, detto “Il favola”, pesa l’inclinazione alle bugie, l’assenza di un alibi e quel Dna che è un macigno per l’accusa.
  2. 17 luglio 2017. A Brescia i giudici del processo d’appello confermano la sentenza di primo grado. «Concedetemi la superperizia» sul Dna così «posso dimostrare con assoluta certezza la mia estraneità ai fatti. Cosa dovete temere?». Anche in questo caso le parole dell’imputato non fanno breccia sulla giuria. Bossetti torna dietro le sbarre del carcere di Bergamo dove sta scontando l’ergastolo per l’uccisione di Yara.
  3. 12 ottobre 2018: oggi. Ultimo atto del processo per la morte della 13enne di Brembate. I giudici della prima sezione della Cassazione dovranno decidere, dopo aver ascoltato le parti, se confermare la sentenza, annullare la condanna senza rinvio oppure accogliere le eccezioni – ben 23 – sollevate dalla difesa e riaprire un nuovo processo d’appello dove potrebbe essere concessa la perizia sul Dna invocata da sempre, a gran voce, da Bossetti.

Omicidio Yara, gli indizi contro il muratore di Mapello

Contro di lui, a dire dell’accusa, diversi elementi: il Dna, le celle telefoniche, il furgone ripreso dalle telecamere, le fibre tessili e le sfere metalliche, trovate su Yara. Prove che portano i giudici di primo grado e quelli di appello a emettere la sentenza di ergastolo e che ora sono al centro dell’udienza in Cassazione, l’ultima possibilità che ha Bossetti di dimostrare la sua innocenza. I giudici della Suprema Corte potranno confermare la condanna oppure annullarla e concedere un nuovo processo. Ben 23 le eccezioni sollevate dalla difesa, a partire dal profilo genetico su cui si regge l’accusa. Vediamo gli indizi contro.

  1. Il dna. La traccia biologica (rinominata 31G20), trovata su slip e leggings della vittima attribuita a “Ignoto 1” è il faro dell’indagine. Una prova significativa perché individuata su un indumento intimo. Una traccia mista, forse sangue, il cui match arriva dopo un’indagine faticosa: si risale al padre del presunto colpevole (Giuseppe Guerinoni, viene riesumata la salma), poi alla madre (Ester Arzuffi) che nega la relazione clandestina. Una consulenza della procura evidenzia un’anomalia nel reperto: il Dna nucleare combacia con il sospettato, non il mitocondriale (indica la linea materna).
  2. L’analisi della traccia genetica per accusa e difesa. Per il procuratore generale Marco Martani, l’analisi della traccia genetica porta a «risultati rassicuranti» con una «probabilità statistica che diventa assoluta certezza». L’assenza del Dna mitocondriale «non inficia in alcun modo la valenza del nucleare, l’unico che identifica in maniera certa una persona». Il profilo genetico è la prova che Bossetti, attratto dalle 13enni, è l’autore dell’omicidio. Per i difensori Claudio Salvagni e Paolo Camporini quel Dna non è dell’imputato e «ha talmente tante criticità (261) che sono più i suoi difetti che i suoi marcatori». L’assenza di mitocondriale va “risolta” concedendo una perizia, non chiedendo “un atto di fede”.
  3. Il movente. Bossetti, che non conosceva Yara, non sa spiegare perché il suo Dna si trovi sugli indumenti della vittima e alcune intercettazioni in carcere sulla descrizione del campo di Chignolo lo tradirebbero. L’uomo «attratto dalle ragazzine» potrebbe aver tentato un «approccio sessuale», poi, sfociato nel delitto. Nulla, invece, per la difesa è certo: né l’orario, né il luogo della morte. L’imputato non ha nessuna perversione: le ricerche fatte con un computer presente in casa sono successive alla morte della 13enne e «sono lecite».

Commenti

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  • Massimilianodi SaintJust 12 Ottobre 2018

    Ma dal sangue si rivelano tracce di aspirina? Se si ci sono forti dubbi perchè chi soffre di epistassi non puà prendere aspirina!