L’hanno capita: non esistono razze pericolose, solo padroni incompetenti

22 Ott 2018 19:47 - di Giovanni Trotta

Finalmente l’hanno capita. Non ci sono prove scientifiche sufficienti per vietare alcune razze canine per “intrinseca pericolosità”. Dopo quasi trent’anni il Regno Unito fa dietrofront, e con un dettagliato rapporto parlamentare la Commissione ambiente di Westminster punta a rivedere il Dog Dangerous Act del 1991 sulla base di proposte gestionali alternative ai divieti di razza e molto vicine al modello di prevenzione italiano, che non si basa sul divieto di razze, grazie all’intervento dei medici veterinari italiani, in particolare degli specialisti in medicina veterinaria comportamentale. Lo sottolinea l‘Anmvi (Associazione nazionale medici e veterinari italiani) in una nota. Più di dieci anni fa, infatti, l’allora ministro Sirchia emanò un elenco di razze canine vietate che fu poi ritirato grazie alla mobilitazione dell’Anmvi. Inoltre, già allora – ricorda l’associazione in una nota – i medici veterinari italiani paventavano il rischio di abbandoni e di soppressioni indiscriminate ai danni di cani innocui solo in virtù della loro razza, un rischio che si è puntualmente verificato nel Regno Unito, secondo i parlamentari inglesi. Ma anche il modello italiano, basato sull’educazione dei proprietari, va rivisto, osserva l’Anmvi, che su questo tema ha proposto la traduzione in legge della vigente ordinanza ministeriale sulle aggressioni canine, ritenendo inefficace l’offerta formativa volontaria da parte dei comuni e inattuabili le misure di intervento ad episodio avvenuto. Inoltre, proprio come il documento di Westminster, anche l’Anmvi chiede una puntuale registrazione degli eventi di morsicatura, di aggressione e dei relativi danni alle vittime, sia umane che di altri consimili. “In assenza di una epidemiologia puntuale – concludono i veterinari – non sono programmabili le risorse finanziarie necessarie alla prevenzione e alla gestione del fenomeno, che in Italia è stato collocato fra i livelli essenziali di assistenza”.

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