Khashoggi, ecco chi è il vicecapo dell’intelligence sacrificato da Riad

20 Ott 2018 13:37 - di Paolo Lami
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L’Arabia Saudita, messa alla sbarra dalla comunità internazionale per l’omicidio di Jamal Khashoggi, “sacrifica” il vice capo dell’intelligence dell’Arabia Saudita, il generale Ahmed Al-Asiri, indicandolo come il capo espiratorio, la vittima sacrificale individuata dal principe ereditario Mohammed bin Salman per rispondere alle crescenti pressioni internazionali e rifarsi una verginità dopo l’ammissione sulla morte del giornalista all’interno del consolato di Riad a Istanbul il 2 ottobre scorso.

Al-Asiri non faceva parte della squadra della morte di 15 uomini giunta a Istanbul dall’Arabia Saudita proprio il 2 ottobre, giorno della scomparsa di Khashoggi. Il suo nome non appare, infatti, tra quelli registrati all’aeroporto di Istanbul. E la sua immagine non è tra quelle riprese dalle telecamere di sicurezza. Ma Riad ha deciso di fronte alla comunità internazionale che, da giorni, chiede chiarimenti e spiegazioni, di individuare in lui la ”mente” dell’operazione mortale contro Khashoggi.

Oltre ad Al-Asiri è stato sollevato dall’incarico anche Saud al-Qahtani, membro della Guardia reale e consigliere di Mohammed bin Salman. Assieme a loro, altre 18 persone sono state arrestate dalle autorità saudite per arginare l’imbarazzante vicenda dell’omicidio di Khashoggi. Provvedimenti che seguono l’ammissione di Riad, nella notte, che l’editorialista del Washington Post è morto proprio all’interno della missione diplomatica a Istanbul. Finora le autorità saudite, compreso lo stesso Mohammed bin Salman, avevano detto che Khashoggi aveva lasciato il consolato dopo esservi entrato per ottenere documenti utili al suo prossimo matrimonio.

Ma chi è al-Asiri? E’ «una figura chiave all’interno della famiglia reale saudita, un esponente molto importante», lo definisce l’emittente al Jazeera. E’ considerato uno dei consiglieri più vicini al principe ereditario Mohammed bin Salman. E proprio a suo figlio Mbs, che lo scorso anno aveva promosso al-Asiri alla carica di numero due dell’intelligence saudita, il Re Salman ha ordinato la supervisione della ristrutturazione del comando dell’agenzia generale dell’intelligence saudita.
Prima di essere scelto dal principe ereditario Mohammed bin Salman come numero due dell’intelligence saudita, al-Asiri era portavoce della coalizione militare araba guidata da Riad e impegnata, dal marzo del 2016, a combattere i miliziani sciiti Houthi in Yemen.

Il Washington Post per il quale Khashoggi scriveva editoriali, non ci sta ad accettare sbrigativamente la versione edulcorata servita da Riad. «Il principe ereditario deve andarsene», taglia corto il quotidiano titolando così un duro commento sulla vicenda del giornalista dissidente e del presunto ruolo nella sua morte del principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman.
«Il Paese che secondo il presidente Donald Trump avrebbe offerto alla Casa Bianca la strada più sicura per la pace in Medio Oriente, in realtà ha provocato quella che finora è la crisi diplomatica più grave» dell’attuale amministrazione Usa, scrive Joe Scarborough, ex-deputato repubblicano e conduttore sulla rete Msnbc del talkshow “Morning Joe”.

Tuttavia, ammette la Washington Post «la moltitudine di calcoli sbagliati riguardanti Mohammed bin Salman non è opera del solo Trump», elencando, poi, fra le personalità che hanno accolto con tutti gli onori il principe saudita nei suoi tour in Occidente, il genero e consigliere di Trump Jared Kushner, Oprah Winfrey, Rupert Murdoch, Michael Bloomberg, la regina Elisabetta e, perfino, lo stesso Jeff Bezos, numero uno di Amazon ed editore del Washington Post.
«Il breve regno di Mohammed bin Salman è finito – conclude l’editoriale del Washington Post – Prima Trump e la Casa reale dei Saud affronteranno la realtà, prima l’Arabia Saudita e i suoi alleati negli Stati Uniti potranno tornare al loro immorale matrimonio di convenienza». Quello dove il business delle armi scavalca agilmente qualunque problema etico e morale.

La Turchia ha, intanto, annunciato l’intenzione di svelare i dettagli dell’omicidio di Khashoggi: «la Turchia svelerà quello che è successo davvero. Nessuno deve dubitare di questo – ha avvertito il portavoce del partito Akp al governo in Turchia, Omer Celik – la Turchia non incolpa nessuno a priori per l’uccisione di Khashoggi prima di completare le indagini. Ma non c’è niente che possa essere nascosto», aggiungendo  che è un «debito d’onore» svelare come è stato ucciso l’editorialista del Washington Post.
Nei giorni scorsi gli investigatori turchi aveva sostenuto di essere in possesso di registrazioni audio e video che dimostrerebbero le torture subite dal giornalista prima di morire aggiungendo di ritenere che il cadavere di Khashoggi sia stato fatto a pezzi con una sega.

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