Strage di Bologna, la Corte corregge la rotta su Carlos: forse sarà ascoltato

19 Set 2018 15:57 - di Massimiliano Mazzanti

Riceviamo da Massimiliano Mazzanti e volentieri pubblichiamo, Caro direttore,

la ripresa del processo a carico di Gilberto Cavallini, per la strage alla stazione a Bologna, non è stata poi così deprimente come s’annunciava, dato il forfait di tutti e tre i testimoni chiamati dalle parti civili. In primo luogo, per la presenza di altri testi che, seppur con qualche difetto nelle convocazioni, sono riusciti a essere presenti e a riempire significativamente l’udienza; ma, sopra a tutto, per l’invito, per certi versi irrituale, sicuramente non privo di un certo clamore, rivolto dal presidente Michele Leoni a tutte le parti circa la possibilità, in questo procedimento, di superare definitivamente gli ostacoli veri o presunti dei “segreti di Stato”.

Andando con ordine, la giornata è iniziata con l’audizione di Franco Giomo, ex-consigliere comunale del Msi-Dn di Rovigo, e di Marcello Iannilli, ex-componente del gruppo Costruiamo l’azione-Mrp e da tempo dissociatosi dalla lotta armata. Chiamati a confermare o a smentire le precedenti dichiarazioni di Gianluigi Napoli. Com’era già accaduto in passato, le due deposizioni hanno decisamente ridimensionato la portata delle parole dei due pentiti, che sono stati ampiamente smentiti su alcuni punti salienti delle loro dichiarazioni, confermando, semmai, i tanti dubbi – e anche qualche certezza – sulla loro generale attendibilità, per altro, anche in questo caso, già sollevati e confermati in altri processi. Il presidente Leoni, per di più, riprendendo più volte e con un certo vigore sia il pm sia le parti civili, ha impedito che l’interrogatorio di Giomo e di Iannilli debordasse dai limiti imposti dal Codice di procedura penale, non ammettendo che si ponessero ai testi domande che non fossero strettamente finalizzate alla conferma o smentita delle dichiarazioni dei pentiti, evitando che si aumentasse il tasso di fumosità (di per sé già non piccolo) dell’intero procedimento. Poi, sempre Leoni, in una pausa tra un esame e l’altro, si è rivolto a tutti gli attori del processo, evidenziando loro – e chiedendo di farne spunto di riflessione – il fatto che, alla luce del nuovo Codice, nei processi di strage non è più opponibile in alcun modo e da parte di qualsiasi altra autorità il “segreto di Stato”.

È risuonato come un invito alle parti a chiedere, se lo riterranno utile, la produzione di documenti eventualmente rimasti segreti, ma della cui esistenza si è avuta un qualche modo notizia e, nel caso il governo dovesse in qualche modo opporsi, a contare sull’appoggio del Tribunale nell’eventuale conflitto tra poteri pubblici. Non è tutto. A maggior ragione, alla luce di questa raccomandazione della Corte, Gabriele Bordoni e Mattia Finarelli, legali di Cavallini insieme ad Alessandro Pellegrini, hanno reiterato la richiesta di ascoltare la testimonianza di Ilich Ramirez Sanchez, di quel “Carlos” che tanto potrebbe probabilmente raccontare sulla pista palestinese. Pista che – ecco l’anello di congiunzione tra le raccomandazioni di Leoni e le richieste dei legali dell’imputato – sarebbe l’oggetto, insieme al così detto “lodo Moro”, di almeno 3 o 4 dei pochi fascicoli su cui ancora grava il segreto di Stato, così come spesso ripetuto da Gero Grassi, ex-capogruppo del Pd nella Commissione Moro presieduta da Paolo Gentiloni (altro esponente Pd ed ex-Margheritaa). La Corte d’Assise di Bologna – che all’inizio del processo aveva categoricamente escluso la possibilità di ascoltare “Carlos” – oggi, invece, si è rivelata più possibilista, invitando la difesa di Cavallini a presentare una formale ri, purché ben circostanziatcirca gli argomenti su cui lo si vorrebbe ascoltare e nella consapevolezza che l’eventuale testimonianza dovrebbe essere organizzata con una videoconferenza, escludendo la trasferta del processo in Francia. Insomma, una parziale, ma anche decisa, inversione di tendenza che potrebbe essere foriera di grandi novità.

Commenti

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  • Rodolfo Ballardini 20 Settembre 2018

    Che l’esplosivo fosse dei compagni di arafat lo si sapeva quasi subito. Ma essendo amici dei sinistri e simili, fu preferita la più comoda pista nera la quale aveva si le mani comunque sporche di sangue ma non delle vittime della stazione di Bologna.