Dalla Rsi al Msi: l’eredità di Ermanno Amicucci, rinnovatore del giornalismo

17 Lug 2018 15:33 - di Benedetta Fasciani

Riceviamo da Benedetta Fasciani e volentieri pubblichiamo questo ricordo del giornalista dimenticato Ermanno Amicucci, valoroso combattente della Grande Guerra:

Caro direttore,

storico ed umanista, giornalista e politico, Ermanno Amicucci è stato uno dei personaggi-chiave del giornalismo italiano. Nato a Tagliacozzo il 5 gennaio 1890, concepì e praticò il giornalismo non come una professione ma come arma al servizio di un amore vivo e fiammeggiante per l’Italia e per ogni più alto ideale umano. Combattente decorato nella guerra del 1915-18, diresse i più importanti quotidiani italiani: l’Avanti, La Gazzetta del popolo e il Corriere della Sera. Proprio durante la direzione a La gazzetta del Popolo diede vita ad un nuovo tipo di giornalismo e fece di questo giornale uno dei più diffusi quotidiani italiani (dalle centomila alle quattrocentomila copie), instaurando nuovi metodi nella tecnica giornalistica. A lui va il merito di aver creato l’Albo nazionale dei Giornalisti – l’Italia prima nazione al mondo – grazie a quella legge oggi il giornalista ha il proprio status professionale. Fonda a Roma la prima Scuola di pratica del giornalismo, propugna e realizza l’istituzione delle cattedre di “Storia del giornalismo” e di “legislazione sulla stampa” all’Università di Perugia. Politico e scrittore. Amicucci è stato parlamentare per quattro legislature, Presidente delle Corporazioni della Carta e della Stampa, Segretario nazionale del Sindacato dei Giornalisti italiani e delegato del Governo italiano alla Società delle Nazioni del 1928. Tra i suoi innumerevoli scritti ricordiamo il Piccolo mondo dannunziano, Nizza e l’Italia, Patria aperta, i 600 giorni di Mussolini. Amico intimo di Gabriele D’Annunzio e Benito Mussolini, il tagliacozzano Ermanno Amicucci è stato fautore di una rivoluzione culturale nel mondo del giornalismo che non può essere dimenticata. Aderisce alla Repubblica Sociale Italiana poco prima del 25 aprile si consegna ai partigiani, su di lui pesa una condanna a morte poi convertita a 30 anni dalla Corte d’Assise di Brescia ma dopo due anni di carcere viene liberato per Sentenza della Corte di Cassazione. Coerentemente con le sue posizioni politiche aderisce al Movimento Sociale italiano, da subito eletto nel Comitato Centrale nel 1947. Inviato speciale per i giornali Il Tempo, il Giornale d’Italia e la rivista Tempo in Sud America dal 1949 al 1952. Amicucci si spense a Roma il 20 settembre del 1955, omaggiato da numerose personalità politiche.

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