Casaleggio la spara grossa: «Possibile la democrazia senza Parlamento»

23 Lug 2018 13:37 - di Corrado Vitale

Davide Casaleggio stavolta l’ha sparata proprio grossa: «È possibile una democrazia senza Parlamento». Sappiamo già che il fondatore della Piattaforma Rousseau pensa di celebrare le nozze tra democrazia elettronica e democrazia diretta. Ma un conto è la consultazione di una comunità web su questo o quel tema, un altro conto è pretendere di fondare l’intera impalcatura istituzionale di un Paese sui clic o sui like. Su certe cose non si scherza. O, per lo meno, si possono fare provocazioni, ma solo a patto di smetterla subito, in base alla vecchia saggezza popolare secondo la quale lo «scherzo è bello se dura poco». Il fatto è che Casaleggio non sembra avere alcuna intenzione di scherzare. E ciò è a dir poco preoccupante, visto il ruolo che egli occupa nel partito più votato in Italia.  Normale il putiferio che le sue parole, affidate a una intervista concessa al quotidiano La Verità, hanno immediatamente suscitato. Il presidente del Pd, Matteo Orfini, parla di «autoritarismo», mentre il capogruppo di Liberi e Uguali alla Camera, Federico Fornaro evoca il rischio della «dittatura». La butta invece sullo scherzo Giorgio Mulè, deputato di FI, che parla di «minchiata galattica».

Ma vediamo  i passaggi già contestati dell’intervista a Casaleggio. «Oggi, grazie alla Rete e alle tecnologie, esistono strumenti di partecipazione decisamente più democratici ed efficaci in termini di rappresentatività popolare di qualunque modello di governo novecentesco». Per il giovane manager  «il superamento della democrazia rappresentativa è inevitabile». Casaleggio concede – bontà sua- il Parlamento  «ci sarebbe e ci sarebbe con il suo primitivo e più alto compito: garantire che il volere dei cittadini venga tradotto in atti concreti e coerenti».Ma ciò non varrebbe per sempre:  «tra qualche lustro è possibile che non sarà più necessario nemmeno in questa forma». Insomma, la democrazia rappresentativa avrebbe gli anni contati.

Una democrazia senza Parlamento? È come dire un’automobile senza motore oppure un giardino senza fiori. Ci sono stati, nel Novecento, regimi che si sono autoproclamati “democrazie” senza avere un vero e proprio Parlamento. Ma erano sistemi governati da un unico partito, un partito comunista. Padrone, Casaleggio, di non credere nella democrazia. Ma dovrebbe quantomeno avere l’onestà di ammetterlo.

Commenti

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  • ENRICO PELILLI 23 Luglio 2018

    La democrazia è sempre stata un tentativo di realizzare un’utopia.
    La democrazia diretta è nata, poi, con la stessa democrazia, fino dai tempi dell’antica Grecia, quindi nessuna preclusione di principio a riproporla, con metodi attuali, cioè informatici.
    Si tratta di tempi idonei.
    Ritengo che fra 10-15 anni, potrebbe essere alla portata di tutti i cittadini, l’installazione di un’applicazione sul telefonino, che consenta di comunicare alle Istituzioni, attraverso il voto diretto, l’intenzione della cittadinanza.
    Non credo che i referendum possano sostituire in tutto l’attività parlamentare, ma potrebbero rendere facili e non onerosi, quelli abrogativi.
    Potrebbero essere utilissimi per la promulgazioni di leggi ove si intenda modificare il senso etico della tradizione: gli esempi che mi vengono a mente sono quelli della Cirinnà e dello Ius Soli.
    Per tutta l’altra legislazione, ove la parte tecnica della stesura richiede l’impegno di specialisti dei vari settori, ritengo il metodo referendario poco praticabile.
    Alla democrazia referendaria, che ha origini nobili, come detto, nell’antica Grecia, si contrappone la visione democratica, ma elitaria, della Repubblica Romana.
    Il popolo, conscio della propria inadeguatezza culturale/tecnica alle scelte politiche e legislative, sempre le delegò agli eletti Patrizi (oggi potrebbero essere gli imprenditori più importanti), tutelandosi con l’elezione dei “Tribuni della Plebe”, io quali, con il diritto di veto potevano rendere inefficace qualsiasi decisione del Senato che si rivolgesse contro i propri elettori.
    La Storia ci racconta che questa seconda scelta tutelò sufficientemente il popolo di Roma, abbatté il costo della politica (I Senatori Romani, in quanto Patrizi, non percepivano emolumenti), permise una gestione più efficiente della politica ed evitò le democratica “cavolate” (la condanna di Socrate per volontà referendaria, l’esempio più noto, ma anche Temistocle, dopo aver salvato Atene dall’occupazione Persiana, fu, con referendum, esiliato).
    Quindi, confermando che, pur restando la Democrazia, come anche la Libertà, un obiettivo ideale utopistico, le forme reali devono far conto con la praticità, ricordando comunque sempre le parole di Platone che ricordava: beati quei Popoli che possono disinteressarsi alla politica perché hanno governanti capaci!