Brexit, si dimette pure Boris Johnson: il governo May appeso a un filo

9 Lug 2018 17:16 - di Luciana Delli Colli
London Bridge

«Come può, il primo ministro, trovare un accordo con 27 Paesi quando non riesce neanche a trovare l’accordo nel suo governo?». L’affondo di Jeremy Corbin durante il dibattito sulla Brexit al Parlamento inglese è stato fin troppo facile: poco prima Theresa May aveva perso i due ministri più significativi per il difficile processo di uscita dalla Ue, il ministro per la Brexit, David Daves, e il ministro degli Esteri, Boris Johnson.

È stato Davis a compiere il primo passo di quello che, secondo molti osservatori, potrebbe rivelarsi un effetto domino su Downing street. May è stata accusata dell’ormai ex “mister Brexit” di essere troppo conciliante con Bruxelles. «L’attuale tendenza politica e la tattica stanno rendendo sempre meno probabile» che il Regno Unito lasci l’unione doganale e il mercato unico, ha scritto Davis nella sua lettera di dimissioni indirizzata alla premier, sostenendo che senza quei passaggi sarebbe compromesso l’intero impianto della Brexit. «Non sono d’accordo con la tua caratterizzazione della linea politica sulla quale abbiamo trovato un accordo venerdì nella riunione di governo», è stata la replica di May, che ha fatto riferimento all’incontro avuto venerdì scorso con i principali ministri, per ricomporre la frattura che si era creata all’interno dell’esecutivo conservatore tra euroscettici e ministri pro Ue.

Dunque, di fronte alle dimissioni di Davis, May ha ostentato una certa sicurezza, puntellata anche con la nomina immediata del nuovo ministro, già approvata – ha fatto sapere Downing street – dalla regina Elisabetta. La scelta è ricaduta su Domic Raab, finora sottosegretario all’Edilizia ed esponente dell’ala euroscettica dei Conservatori, i cosiddetti “brexiteer”. Raab è anche membro della Commissione per l’uscita dall’Unione europea della Camera dei Comuni ed è stato in passato sottosegretario alla Giustizia. Le dimissioni di Davis sono state anche al centro di un colloquio telefonico che la premier britannica ha avuto con il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, come riferito dalla portavoce capo della Commissione,  Margaritis Schinas. Un colloquio rassicurante, così come emerso dalla parole della portavoce, che ha spiegato che la Commissione non ha interesse per le dinamiche interne al governo inglese ed è solo concentrata sul portare avanti i lavori e le trattative per la Brexit. Considerazioni sulle quali, però, non si era ancora abbattuta la notizia delle dimissioni di Johnson e il rischio che il governo May non regga alla spallata.

Commenti

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  • Laura Prosperini 10 Luglio 2018

    La premier May troppo vicina alle banche d’affari…
    speriamo cada il Governo, sarebbe la cosa più giusta rispetto al chiarissimo ed inequivocabile referendum votato dal Popolo Britannico.
    Quando il Popolo vota gli amministratori, scelti dal Popolo, devono solo eseguire e non cambiare, tradire, compromettere le palesi scelte effettuate democraticamente.
    Via la May punto e basta.
    Governi chi è capace di uscire dall’euro-pa con massima dignità e fermezza, come vuole la maggioranza degli Inglesi.