Strage di Bologna, distrutti nel 2004 i sacchetti con le prove sulla bomba: perché?

19 Giu 2018 18:18 - di Massimiliano Mazzanti

Riceviamo da Massimiliano Mazzanti e volentieri pubblichiamo

Caro direttore,

come dare torto all’avvocato Gabriele Bordoni, il valente legale che, con Alessandro Pellegrini e Mattia Finarelli, si è assunto l’onere della difesa di Gilberto Cavallini, nel nuovo processo per la Strage di Bologna? Non dev’essere facile, infatti, tutelare gli interessi di un assistito, verso il quale, per di più, c’è un diffuso pregiudizio di colpevolezza tra i mass-media, quando gli elementi necessari a svolgere un corretto dibattimento vengono sistematicamente distrutti da quello Stato che, però, pervicacemente pretende di riaprire ciclicamente questo tipo di processi. La notizia, in parte già anticipata da queste colonne, ora trova conferma ufficiale e definitiva: i sei sacchetti di terriccio – raccolti dove ragionevolmente era stata collocata la bomba che esplose il 2 agosto 1980 e che avrebbero potuto, anche alla luce delle più moderne tecnologie di cui oggi dispone la Polizia scientifica, dare risposte inedite sull’accaduto – furono distrutti in applicazione di un ordinanza della Corte d’Assise proprio di Bologna il 15 gennaio 2004. Dunque, il super-esperto Danilo Coppe, incaricato dal presidente della Corte che giudica Cavallini di eseguire una nuova perizia, potrà giusto lavorare sui precedenti lavori dei suoi colleghi, mettendone eventualmente in risalto mancanze o elementi di perplessità, senza però poter aggiungere molto di più o qualcosa di nuovo a quanto già non si sappia. Lo si è detto, è bene ripeterlo: sono curiosi e bizzarri uno Stato e un ordinamento giudiziario che pretendono di considerare “imprescrittibili” certi reati, senza curarsi, però, di conservare le prove e gli indizi relativi. Gabriele Bordoni, a dirla tutta, non si è limitato a sottolineare ciò, apprendendo di questo triste stato di cose. Infatti, se il 15 gennaio 2004 era distante quasi 24 anni dall’attimo in cui si consumò l’esecrando delitto; erano ancora in corso altri processi sempre collegati alla Strage di Bologna: quello a carico di Luigi Ciavardini (pur alle battute conclusive); il primo procedimento contro lo stesso Cavallini (iniziato nel 2000 e che, appunto, è approdato in aula solo nelle scorse settimane); i procedimenti contro Thomas Kramm e per l’analisi della così detta “pista palestinese”. Perché, allora, distruggere quei sacchetti che, per altro, certo non occupavano chissà quale spazio nei magazzini – s’immaginano capienti – del “Centro rifornimenti e mantenimento” di Padova? Quel che è sicuro, è che i magistrati – quelli di oggi al pari di quelli dell’epoca – non possono appellarsi, di fronte a una tale, inequivocabile “leggerezza”, a chissà quale possibile “manovra” di chissà quale “potere deviato” dello Stato: l’ordine di distruzione è partito da loro. Ed è un ordine, quello che fu dato nel 2004, che impedisce nel 2018 di sviluppare appieno il processo in atto contro Cavallini e di perseguire veramente la ricerca della verità.

Commenti

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  • libero 21 Giugno 2018

    perchè a mettere le bombe in italia non sono stati ne la destra ne la sinistra.