La Grecia esce dalla crisi. Ma è Berlino a festeggiare: ecco quanto ci ha lucrato

21 Giu 2018 16:38 - di Eleonora Guerra

Per la Grecia finisce l’era del commissariamento da parte della Troika. Il terzo programma di salvataggio terminerà il 20 agosto, ma già oggi la situazione di Atene è al centro del vertice dei ministri delle Finanze della zona euro. «Finalmente, dopo otto anni di riforme difficili, di aggiustamenti duri e di programmi, la Grecia potrà reggersi sulle proprie gambe», ha detto il commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici, parlando a margine della riunione con all’ordine del giorno, oltre all’uscita dai programmi di salvataggio, compresa la riduzione del debito, anche la sorveglianza post-programma e le dimensioni della tranche finale.

«Oggi sarà un momento chiave per il futuro della Grecia e un test importante per il processo decisionale nella zona euro», ha aggiunto Moscovici, sottolineando che «la conclusione del programma greco vuole segnare la chiusura dell’ultimo capitolo di quella crisi esistenziale per l’area dell’euro». Fin dalla sua crisi finanziaria nel 2010, la Grecia ha partecipato a tre programmi di salvataggio con i creditori europei per un prestito totale di 241,6 miliardi di euro. In cambio, ha realizzato più di 450 riforme negli ultimi tre anni, tra cui la modernizzazione dell’amministrazione fiscale e il ripristino della stabilità finanziaria. E ora, in vista della scadenza del 20 agosto, sta cercando di iniziare la raccolta di fondi sui mercati, richiedendo la fiducia degli investitori.

I ministri dell’Eurozona, tra l’altro, potrebbero trovare un accordo anche su misure volte ad alleviare il peso del debito greco, oggi al 179,8% del Pil, in modo da consentire al Paese di tornare a finanziarsi sui mercati obbligazionari, cosa che non succede dal 2010. «Sono molto fiducioso che troveremo un accordo oggi, penso che sia nostro dovere. Come commissario, valuterò le azioni intraprese dalle autorità greche, e le 450 misure legislative adottate nel quadro del programma: ora sta ai partiti greci prendersi le loro responsabilità. Sono sicuro che oggi ce la faremo e che il 21 giugno 2018 sarà una data importante per tutti noi», ha concluso Moscovi.

L’Europa dunque festeggia come il ritorno di un penitente “figliol prodigo” la fine della crisi in Grecia, applaudendo alle riforme e ai tagli, ma senza fare accenno al costo economico e umano di quelle riforme e di quei tagli. Un dato per tutti: l’impennata della mortalità infantile, aumentata a causa dei tagli alla sanità di oltre il 40% negli anni della crisi. E anche senza stare lì a soffermarsi su chi, mentre la Grecia arrancava, si sia invece arricchito. A svelare questo aspetto è stata, per quanto riguarda per esempio la Germania, una interrogazione al governo di Berlino presentata dal partito di opposizione dei Verdi. Dalla stessa cancelleria hanno ammesso che il rientro di prestiti erogati e di obbligazioni acquistate «a sostegno», è stato detto, dell’economia della Grecia dal 2005 hanno portato alla Germania profitti per 2,9 miliardi di euro. I profitti, è stato poi spiegato, provengono quasi tutti da una serie di operazioni eseguite attraverso il Securities Market Program, programma di acquisto di obbligazioni avviato dalla Bce nel 2010 e oggi concluso, cui hanno partecipato la Germania e altri membri dell’eurozona. Come precisato dall’esecutivo, la cifra complessiva di 2,9 miliardi include anche i 400 milioni di euro generati da un prestito del 2010 della banca di sviluppo KfW, di proprietà del governo tedesco.

Nel report, però, non vengono quantificati gli altri vantaggi economici che la crisi greca ha portato, direttamente o indirettamente, alla Germania. Anche in questo caso, vale la pena ricordare un caso emblematico: la Germania ha comprato «tutti gli aeroporti greci alla vigilia dell’estate», come titolò a fine maggio dello scorso anno Il Sole 24 ore. Si trattava di fatto della conclusione di una operazione di shopping a buon mercato resa possibile dalla vulnerabilità della Grecia e compresa nel piano di privatizzazioni richiesta dai “creditori internazionali”, Germania in testa.

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