La Baviera sfida l’Europa genuflessa al politically correct: crocifisso al muro? Obbligatorio

1 Giu 2018 13:13 - di Prisca Righetti

Nell’Europa devota al mito dell’accoglienza coatta, intenta a celebrare – e a far celebrare  ai partner europei – il rito dell’ospitalità con tutto quello che contempla e “impone”, mentre tutti – a partire dal Belpaese – si genuflettono al politically correct, la Germania, repubblica federale di nome e di fatto, in quanto tale, apre alle deroghe locali: e se nelle scuole della sua capitale è vietato anche solo lasciar intravedere una piccola crocetta pendente da una collanina girocollo, in stretta osservanza della legge sulla neutralità di stato, da oggi negli uffici pubblici di Monaco diventa obbligatoria l’affissione del crocifisso al muro. Come a dire: quando si parla di crocifisso ogni Stato-regione fa testo a sé…

Baviera, da oggi il crocifisso negli uffici pubblici sarà obbligatorio

La sfida all’affermazione della propria identità cultural-religiosa arrivata alla sua conclusione oggi, è cominciata in realtà lo scorso 24 aprile quando il governatore del Libero Stato di Baviera, Markus Söder , anticipava via Twitter la svolta identitaria in corso d’opera almeno negli uffici pubblici bavaresi. E con un colpo al vassallaggio ecumenico e un impeto di autodeterminazione, sull’account social istituzionale si leggeva: «Un chiaro impegno per la nostra identità bavarese e per i valori cristiani; oggi la riunione di gabinetto ha deciso che una croce verrà appesa in ogni ufficio statale a partire dal 1 giugno». E – come ricorda il Giornale che tra gli altri, in queste ore, dà ampio spazio alla notizia – a corredo dell’annuncio, «una foto in cui Söder appende un’antica croce di legno su una parete della cancelleria statale». In molti allora, oggi, sospettano che l’alzata di testa annunciata da un esponente di punta della Csu, il partito cristiano-sociale presente solo in Baviera, non abbia poi preso così tanto in contropiede i tedeschi: né tra quelli geograficamente più a nord e politicamente posizionati fra gli elettori del Cdu di angela Merkel, né tra i sostenitori della Csu che, pur bollati dagli avversari come reazionari, da anni sono al timone del vascello europeo come forza trainante. Tanto è vero, come scrive proprio il Giornale, «Fra il 1962 e il 2008, la Csu ha governato in monocolore e l’identificazione fra il partito e la Baviera è tale che in quel Land la Cdu non si presenta neppure alle elezioni, lasciando ai cristiano sociali l’incarico di mietere le messi elettorali».

Una sfida all’Europa e alla Germania dell’accoglienza politically correct

Se a questo aggiungiamo poi che la politica dell’accoglienza cotta agli immigrati varata dalla Merkel e che, proprio in Baviera, hanno trovato i cancelli d’ingresso, non è difficile capire come e perché i bavaresi oggi siano chiamati a un ritorno identitario. E considerato che il prossimo ottobre si vota per il rinnovo del parlamento statale, la Csu si è data da fare per recuperare i consensi persi alle elezioni dello scorso settembre e, bandito l’ex governatore Horst Seehofer a Berlino, Söder è stato insignito di un compito sopra tutti: rendersi l’artefice e il portabandiera di una svolta conservatrice in grado di veicolare malcontento e ambizioni capaci di far recuperare voti e preferenze. E allora, incuranti delle possibili reazioni della Chiesa romana, e persino sordi al richiamo all’ordine dell’arcivescovo di Monaco e presidente della conferenza episcopale tedesca, cardinale Reinhard Marx, che si è chiaramente espresso contro la strumentalizzazione politica di un simbolo religioso, i bavaresi da oggi rispolverano dalle teche del politically correct il crocifisso che – corsi e ricorsi storici – torna la dove è stato bandito. Fino a ieri.

Commenti

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  • Laura Prosperini 1 Giugno 2018

    obbligatorio non so però certo facoltativo si (sono le radici, Cristiane, dell’Europa (quella vera e non dell’euro che si rifà a ben altre radici religiose) e divieto per altre religioni non della Nazione in cui si affliggono.