Cancro: chirurgia e farmaci contro le recidive al rene. Lo studio è italiano

2 Giu 2018 17:29 - di Redazione
cancro

Bisturi e terapia medica per sferrare un doppio attacco al cancro al rene avanzato. È la strategia alla base dell’approccio multidisciplinare integrato, e uno studio italiano è il primo a fornire informazioni decisive sulla sua validità. la ricerca è stata presentata in queste stesse ore dal prof. Giuseppe Procopio dell’Istituto nazionale tumori (Int) di Milano al 54° congresso dell‘American Society of Clinical Oncology (Asco) in corso a Chicago. Nel 2017 in Italia sono stati stimati 13.600 nuovi casi di tumore del rene, circa l’80 per cento costituito da carcinoma a cellule renali. Lo studio Resort, di fase II, ha coinvolto 76 pazienti di 12 centri italiani, colpiti da questa neoplasia precedentemente operati al rene (nefrectomia) e con non più di tre metastasi. «La chirurgia radicale delle metastasi seguita da un periodo di osservazione è la strategia comunemente utilizzata nei pazienti colpiti da carcinoma a cellule renali avanzato – ha spiegato Procopio -. Nello studio, coordinato dall’Int, abbiamo confrontato questo approccio con quello costituito da chirurgia delle metastasi seguita dal trattamento con un farmaco mirato anti-angiogenico».

Lo studio presentato a Chicago

Obiettivo valutare se questa seconda opzione potesse offrire «benefici in termini di sopravvivenza libera da recidiva. La ricerca non ha evidenziato differenze statisticamente significative nei due approcci». La sopravvivenza libera da recidiva a 1 e 2 anni era pari al 62 per cento e 52 per cento nei pazienti trattati con l’approccio integrato e al 74 per cento e 59 per cento in quelli nel braccio di osservazione. «Però, in un sottogruppo di pazienti con specifici tipi di metastasi resecate – continua Procopio – si è evidenziato un decorso favorevole grazie all’integrazione della chirurgia e della terapia farmacologica. Quindi vanno selezionati i pazienti di cancro candidabili ai diversi approcci».

La nuova terapia «altamente tollerabile»

«L’alto profilo di tollerabilità – conclude Procopio – porta questa opzione a prevalere su altri tipi di cura. In particolare, nivolumab è la prima molecola immuno-oncologica a dimostrare un beneficio di sopravvivenza in pazienti precedentemente trattati: il 39 per cento è vivo a 3 anni rispetto al 30 per cento di quelli che hanno ricevuto everolimus (terapia target). Un altro studio che sarà presentato all’Asco pone in primo piano il beneficio in termini di qualità di vita per chi lotta contro il cancro al rene che emerge anche con la combinazione di due molecole immunoterapiche, nivolumab e ipilimumab, in prima linea».

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