L’Italia è la seconda nazione più vecchia: 168 anziani per 100 giovani

16 Mag 2018 19:01 - di Redazione

Declino demografico per il terzo anno consecutivo, che ha portato la popolazione italiana a 60,5 milioni di residenti, e per il nono anno nascite in calo: l’Italia è un Paese vecchio, il secondo più vecchio al mondo con una stima di 168,7 anziani ogni 100 giovani al 1° gennaio 2018. È il quadro che emerge dai dati relativi alla popolazione italiana contenuti nel rapporto Istat. Dal 2015 il nostro Paese è entrato in una fase di declino demografico. Al 1° gennaio 2018 si stima che la popolazione ammonti a 60,5 milioni di residenti, con un’incidenza della popolazione straniera dell’8,4% (5,6 milioni). La popolazione totale diminuisce per il terzo anno consecutivo, di quasi 100 mila persone rispetto all’anno precedente. Si accentua contemporaneamente l’invecchiamento della popolazione, nonostante la presenza degli stranieri caratterizzati da una struttura per età più giovane di quella italiana e con una fecondità più elevata. Per il nono anno consecutivo le nascite registrano una diminuzione: nel 2017 ne sono state stimate 464 mila, il 2% in meno rispetto all’anno precedente e nuovo minimo storico. Si diventa genitori sempre più tardi. Considerando le donne, l’età media alla nascita del primo figlio è di 31 anni nel 2016, in continuo aumento dal 1980 (quando era di 26 anni).  Nel 2017 – rileva l’Istat – aumenta l’occupazione anche se l’incremento maggiore riguarda il tempo determinato. I lavoratori dipendenti a tempo pieno infatti aumentano di 99 mila unità, +lo 0,8%, i dipendenti a termine +298 mila (+12,3%), mentre continuano a diminuire i collaboratori (-46 mila nell’ultimo anno). Gli occupati part time sono 4,3 milioni, il 18,7% degli occupati, contro il 20,3% nell’Ue, con un’incidenza sul totale degli occupati stabile in entrambi i casi. Le donne sono i tre quarti degli occupati part time, sia in Italia sia nella Ue (73,3 e 73,6%). Dalla fotografia scattata dall’Istituto inoltre si conferma il ruolo dell’istruzione quale fattore protettivo: nel 2017 il tasso di occupazione cresce per tutti i livelli di istruzione, ma l’incremento più elevato è per i laureati, che hanno quasi recuperato il livello del 2008 (-0,3 punti). Nel 2017 risultano occupati quasi otto laureati su dieci, due diplomati su tre e solo quattro persone su dieci con la licenza media. Guardando i settori produttivi, nel 2017 quasi il 90% della crescita dell’occupazione è concentrata nei servizi. Gli occupati aumentano nell’industria in senso stretto ma a ritmo più contenuto rispetto al 2016 mentre per la prima volta dal 2009 la variazione è positiva anche nelle costruzioni (+0,9%). Il settore agricolo registra invece un calo dell’1,4%. Le ore utilizzate di Cassa integrazione guadagni (Cig) diminuiscono in tutti i settori di attività economica. Le posizioni in somministrazione nel 2017 sono 294 mila rispetto alle 238 mila del 2016 (+23,5%); l’aumento è stato del 71,1% tra 2013 e 2017.

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