Lega-M5S, i dilemmi di Di Maio e Salvini che ritardano l’intesa sul premier

19 Mag 2018 11:17 - di Federica Argento

Ultimo round per le trattative tra 5 Stelle e Lega per la formazione di un esecutivo gialloverde. I due leader Di Maio e Salvini hanno vari ordini di problemi da affrontare prima di salire al Colle. In attesa di stringere sul nome del premier e dei ministri da proporre a Mattarella, il primo è alle prese con il problema – con gli ovvi maldipancia dei grillini di base-  della qualità, del peso, della capacità,  dell’esperienza dei nomi dei ministri da proporre al Capo dello Stato. Da sempre accusato di superficalità e  di incompoetenza, ora i nomi da sottoporre al gradimento di Mattarella diventano un terreno delicato da affrontare per evitare gli strali e le beffe degli avversari. Un esame in piena regola. Tutti col fucile spianato a fare la radiografia degli uomini di volta involta proposti. Non solo. La “filosofia” del contratto di governo – prima gli italiani– cavallo di battaglia della Lega e del centrodestra – è stato per lungo periodo osteggiato e beffeggiato dal M5S. “Salvini percoloso e razzista” si leggeva nei post dei grillini, che non amano Salvini. Ora si apre un album nuovo, con Di Maio che di fronte ai suoi ha dovuto ammettere e giustificarsi: «Salvini non è quello che pensavo». Il contratto di governo è stato votato dalla maggioranza degli iscritti, ma le critiche in rete non sono tenere con lui e ne deve tenere conto.

Salvini non ha meno grane del “collega”. Il tema dei nomi giusti al posto giusto, della qualità e del peso specifico dei nomi tocca pure alla Lega, nonostante abbia nel tempo dato prova di una solida cultura amministrativa in regioni di peso. Tuttavia Salvini ha un probelma forse più difficile: paradossalmente – ma non troppo, perché in politica è spesso andata così – è lui ad avere la “palla-gol” per far nascere il nuovo governo. Ricordare il ruolo di governo che ebbe Bettino Craxi con il suo Psi al 15 % è sempre esercizio utile, pur mutando uomini e circostanze. Dunque, il 17,5 per cento di Salvini è determinante per far nascere questa nuova fase della politica italiana. E non è un dilemma da poco. I commentatori politici più accreditati lo scrivono chiaramente: ora tocca a Salvini, può far nascere la Terza Repubblica o può andarsi a schiantare. Bivio fatale.

Per cui quello da molti spacciato come un problema di Salvini -il  problema della subalternità a Di Maio – è in realtà un non-problema. Certo, lo scricchiolare dell’alleanza con Berlusconi e Meloni è una spina nel fianco. Quel «che aspetti a tornare a casa», ripetuto dai leader di Forza Italia e di Fratelli d’Italia non gli facilitano il compito. Per questo  – anche se non solo per questo- l’intesa sulla premiership sembra sempre a un passo, ma non decolla mai. Il M5S continua a sperare nell’ipotesi Di Maio, mentre Matteo Salvini insiste su un premier terzo indicato dai 5 Stelle, politico o anche tecnico. Lo schema del segretario della Lega  per Palazzo Chigi resta invariato: quello di un doppio passo indietro dei due leader. Di Maio e Salvini potrebbero restare comunque dentro l’esecutivo alla guida di due ministeri di peso (il Viminale per il leader della Lega e il Lavoro o lo Sviluppo economico per il capo politico dei cinquestelle).

Mentre in questo fine settimana la Lega è impegnata con i gazebo in tutta Italia per sottoporre agli iscritti il contratto sottoscritto con il M5S, si continuano intanto a riempire le caselle della squadra di governo, meno di 20 ministri e una cinquantina tra vice e sottosegretari da proporre a Mattarella. In pole position ci sono quasi tutti i big . I nomi che circolano insistentemente sono tra gli altri quelli di Giancarlo Giorgetti come sottosegretario alla presidenza del Consiglio e di Simona Bordonali come ministro della Famiglia e disabilità. In quota Lega ci sono poi Nicola Molteni (Agricoltura), Giulia Bongiorno (Rapporti con il Parlamento) e Gianmarco Centinaio (Turismo e Affari regionali). Spunta anche il nome di Lorenzo Fontana, vicepresidente della Camera, fedelissimo di Salvini.

Alfonso Bonafede è dato in pole per il posto di Guardasigilli, Emilio Carelli per la Cultura. Tra i cinquestelle ci sono poi Danilo Toninelli, Giulia Grillo e Laura Castelli. Per la Difesa si avanza il nome dell’ex capo di Stato Maggiore della Difesa, Luigi Mario Binelli Mantelli, in quota M5S, ma c’è anche una ipotesi Guido Crosetto(FdI), in quota Lega. Per l’Economia e gli Esteri potrebbero essere scelte invece due personalità esterne di alto profilo. Ma i dilemmi sul premier restano.

Commenti

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  • andrea 21 Maggio 2018

    non sono un politico ma ho l’impressione che sia stato un “tradimento”verso gli elettori del Centro destra, pazienza, staremo a vedere. La tentazione di non andare più a votare è forte anche se, capisco, non è quella la migliore soluzione. Il Centro destra unito, solo veramente unito può veramente, può risollevare l’Italia.

  • Filippo ARPAIA 20 Maggio 2018

    Stimatissimi,

    non immaginavo minimamente la candidatura di Giulio SAPELLI come Premier del costituendo Governo di centro destra. La sua persona merita rispetto, molto di più di chiunque altro, potrebbe elevare l’attuale irrilevanza della politica estera italiana, creando milioni di nuovi posti di lavoro. Per riappropriarci del nostro destino, occorre un Premier carismatico e che sappia parlare molto bene l’inglese.

    Il sangue italiano non è acqua!
    Soltanto i patrioti con una lungimirante visione politica, possono aiutare l’Italia ad uscire dalla palude.

    Facciamo tutti la nostra parte con solidarietà, rettitudine e coraggio!

  • giulio 20 Maggio 2018

    Salvini e Di Maio: ma ci sono o ci fanno? L’uno accusa USA, Francia ed Inghilterra di “aver le mani sporche di sangue”, l’altro il giorno prima che gli conferiscano l’incarico di Primo Ministro torna a fare il barricadero NO-TAV!