Trattativa Stato-mafia, condanne pesanti. E ora i pm puntano a Berlusconi

20 Apr 2018 17:49 - di Paolo Lami

Assolto l’ex-ministro dc dell’Interno, Mancino “perché il fatto non sussiste”, condannati tutti gli altri imputati nel processo per la trattativa Stato-mafia: mafiosi, come Leoluca Bagarella, il cognato di Totò RiinaAntonino Cinà, politici come l’ex-senatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, e uomini dei carabinieri come i generali del Ros, Antonio Subranni e Mario Mori e l’ex-colonnello Giuseppe De Donno. Ma condanna, pesante, anche per il supertestimone del processo, Massimo Ciancimino, figlio dell’ex-sindaco mafioso di Palermo, Vito. Prescritte le accuse nei confronti del pentito Giovanni Brusca. E’ clamorosa e inattesa la sentenza con la quale, al termine di un procedimento durato 5 anni e 6 mesi, la Corte d’Assise di Palermo ha condannato in primo grado nell’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo 8 dei 9 imputati a pene variabili fra gli 8 e i 28 anni di carcere. Ma non è finita qui. Perché i pm ora puntano direttamente a Silvio Berlusconi. Non il Berlusconi imprenditore che hanno già cercato di processare, ma il Berlusconi politico. Lo dice a chiare lettere il pm Nino Di Matteo, candidato come ministro della Giustizia dall’M5S.

«E’ una sentenza inaspettata sicuramente e peraltro in controtendenza con le assoluzioni che ci sono state per il senatore Mannino e il generale Mori  – annota il legale di Marcello Dell’Utri, Giuseppe Di Peri – C’è un periodo nel quale Dell’Utri è stato assolto, che sembrerebbe quello precedente al governo Berlusconi, e un altro in cui ha riportato una condanna estremamente pesante a 12 anni. Sono state accolte le richieste della Procura. E’ una sentenza che porremo nel nulla nel momento in cui formuleremo l’impugnazione».

La pena più pesante è toccata al boss Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina: 28 anni di carcere con l’accusa di minaccia a corpo politico dello Stato. Lo stesso reato contestato a tutti gli altri, escluso l’ex-democristiano Nicola Mancino che è andato assolto dall’accusa di falsa testimonianza e schiva, così, la condanna a 6 anni di carcere richiesta, invece, a gran voce dalla pubblica accusa.

Una condanna a 12 anni unisce i generali ed ex-capi del Ros, Mario Mori e Antonio Subranni, l’ex-senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, e il boss Antonino Cinà. L’ex-ufficiale dei Ros, Giuseppe De Donno, viene riconosciuto colpevole per le stesse imputazioni di minaccia a corpo politico dello Stato, e condannato ad 8 anni. Una pena identica a quella che la Corte d’Assise del processo trattativa Stato-mafia ha ritenuto di irrogare a Massimo Ciancimino, assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e condannato per calunnia dell’ex capo-della polizia Gianni De Gennaro ma, soprattutto, supertestimone dell’accusa nel processo trattativa Stato-mafia. Ed è qui che ben si comprende il cortocircuito e l’impianto ideologico di una vicenda che ha dell’irreale e che basa perlopiù proprio sulle dichiarazioni di uno, come Ciancimino, condannato, due volte, per calunnia, una volta per porto e detenzione di esplosivi e un’altra volta per riciclaggio dei soldi della mafia.

I giudici del processo trattativa Stato-mafia erano entrati in Camera di consiglio alle 10.30 di lunedì scorso per decidere la sorte dei nove imputati, in realtà dieci con il boss Totò Riina, morto lo scorso novembre.
Al termine della requisitoria i pm Nino Di Matteo, Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi avevano chiesto condanne alte ma, in qualche caso, come per Ciancimino, avevano cercato di “preservare” la “verginità” del supertestimone: per lui erano stati costretti dagli eventi a chiedere una condanna ma, comunque, a 5 anni. Tre di meno, come si è visto, di quelli che gli ha rifilato, invece, la Corte d’Assise. E non ci si può non chiedere, ora, come possa reggersi in piedi una vicenda come questa dove il principale supertestimone è considerato un calunniatore seriale e i suoi fantasiosi racconti sono alla base del castello accusatorio. Sarà interessante, da questo punto di vista, leggere le motivazioni.

I pm del processo trattativa Stato-mafia avevano sollecitato 15 anni per l’ex-generale Mario Mori, 12 anni per l’ex-generale Antonio Subranni e l’ex-colonnello Giuseppe De Donno, e altrettanti anche per Marcello Dell’Utri tutti accusati di minaccia a corpo politico dello Stato.
Per l’ex-ministro dell’Interno Nicola Mancino, accusato di falsa testimonianza dopo la sua deposizione al precedente processo Mori, la Procura ha chiesto una condanna a 6 anni. E ora, inevitabilmente, con la sua assoluzione di oggi, si pone non solo il problema dell’attendibilità di Ciancimino, che accusava apertamente Mancino, ma, anche, la ricostruzione di una serie di episodi, fra cui un colloquio con l’allora ministro della Giustizia Claudio Martelli sui Ros, i retroscena dell’avvicendamento al ministero fra lo stesso Mancino e il suo compagno di partito Vincenzo Scotti e anche un colloquio fra l’ex-titolare del Viminale e Paolo Borsellino.
Con l’assoluzione di oggi di Mancino nel processo trattativa Stato-mafia diventa ancor più difficile far incastrare perfettamente tutte le tessere di un puzzle che non è mai andato veramente a posto ad iniziare, proprio, dalle presunte rivelazioni di Ciancimino considerato, da moltissime Procure italiane, totalmente inattendibile. E posto dai magistrati palermitani alla base del castello accusatorio.

«Aspettiamo di leggere le motivazioni però è chiaro che 12 anni di condanna la dicono lunga sulla decisione della Corte – reagisce alla sentenza l’avvocato Basilio Milio, legale dell’ex-generale dei carabinieri Mario Mori – C’è però in me un barlume di contentezza, in un mare di sconforto. Sono contento perché so che la verità è dalla nostra parte. E’ un giorno di speranza. Possiamo sperare che in appello ci sarà un giudizio perché questo è stato un pregiudizio».
«Questo processo è stato caratterizzato dalla mancata ammissione di tante prove da noi presentate. La prova del nove? Non sono stati ammessi – fa notare l’avvocato Milio – oltre 200 documenti alla difesa e venti testimoni, tra i quali magistrati come la dottoressa Boccassini, il dottor Di Pietro e il dottor Ayala. E’ stata una sentenza dura che non sta né in cielo né in terra perché questi sono stati già smentiti da quattro sentenze definitive».

Cosa succederà ora? Cosa sta preparando la Procura di Palermo? Lo fa capire in maniera piuttosto esplicita il pm Nino Di Matteo che si lamenta di essere stato accusato di essere politicizzato e di seguire finalità eversive: «Prima si era messa in correlazione Cosa nostra con il Silvio Berlusconi imprenditore, adesso questa sentenza per la prima volta la mette in correlazione col Berlusconi politico. Le minacce subite attraverso Dell’Utri non risulta che il governo Berlusconi le abbia mai denunciate e Dell’Utri ha veicolato tutto. I rapporti di Cosa nostra con Berlusconi vanno dunque oltre il ’92. Ci sono spunti per proseguire le indagini su quella stagione…».

Commenti

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  • giulio 22 Aprile 2018

    Lungi da me voler difendere il Presidente Emerito Napolitano, ma in quel periodo era Presidente della Camera: che c’azzecca?

  • Trigliedda 22 Aprile 2018

    Impossibile commentare. Siamo in clima staliniano. Può accadere di tutto !!!

  • Sebastiano 21 Aprile 2018

    Leggo tanti commenti sui che è stato uno sbaglio a condannare Mori e company.Io afferrmo mche hanno fatto benissimo per loro hanno sulla coscienza la morte di Falcone e Borsellino , di fatti la famosa agenda rossa di borsellino prelevata da un carabiniere subito dopo l’attentato e sparita ..chissà come mai???

  • D'Ambrosio Antonio 21 Aprile 2018

    Il Sig. MAURIZIO TUROLI ha pescato la pera più succolenta di NAPOLITANO. NON SI PUO’ NEGARE
    CIO’ AVVENNE NEL 1957 ED I COMMENTI FATTI ALLA LUCE DEL SOLE.
    TANTO MENO SI PUO’ NEGARE CHE TOGLIATTI ABBIA LAVORATO (DURANTE LA GUERRA) A MOSCA E QUALI ERANO GLI INTENTI DELL’ UNIONE SOVIETICA.
    qui mi fermo. Purtroppo si rischia la denuncia.

  • Rosaria Privitera 21 Aprile 2018

    Questo processo mi sa di burla. Vengono condannati uomini come Mori (…..)
    Mah.
    Lo Stato-Mafia esiste dall’Unità d’Italia. Pensano forse di sconfiggere la Mafia???!!!! (…)
    Mah.
    Ripeto: MI SA DI BURLA

  • Mauro Garlaschelli 21 Aprile 2018

    …se nn avessi 11Nipotini da preservare…scriverei come dovrebbero pagare questi giudici e magistrati… che nn sono più di un 10% di giudici e magistrati corretti… per queste sentenze costruite su fatti inesistenti…se gli stessi condannati sono già stati assolti 4 volte… le leggi sulla giustizia dovranno essere retroattive… come è stato x Berlusca… dovranno pagare/scontare tutti gli sbagli di 70a…

  • giorgio 21 Aprile 2018

    L’Arma dei Carabinieri e’ stata infangata, sono stati infangati dei mirabili servitori dello Stato, persone che fanno da sempre il loro dovere e rischiano da sempre la propria vita per permettere ai Cittadini di vivere in sicurezza. Ho il sospetto che,in questa fase, chi doveva essere condannato sia stato, invece, “assolto”.

  • NOEURO 21 Aprile 2018

    …..la mafia di Bruxelles, Francoforte, Washington, City, Wallstreet, quelle mafie che pervadono costantemente la vita civile e l’economia reale o quello che ne resta….., quelle mafie là si che trattano da sempre con quasi tutti gli Stati ed il “mainstream” censura sempre ( o quasi ) e caccia tutti ( o quasi ) i crimini sotto i tappeti. Ma non per sempre………si dice “altrove”.

  • WALTER CARLETTI 21 Aprile 2018

    fedeli servitori dello stato, uomini di spechiata onestà coinvolti da un calunniatore spesato, in appello cadrà tutta l’impalcatura accusatoria, per condannare ci vogliono le prove e qui non ce ne sono. Anche ammesso per pura ipotesi che gli ufficiali dell’arma siano coinvolti chi conosce la scala gerarchica e le funzioni operative dell’arma sa che solo per incarico di superiori politici potrebbe essere successo quello che è in sentenza, mai i ministri dove sono?

  • Michele Tampier 21 Aprile 2018

    Il processo si è svolto a Palermo, con giudici palermitani, contro palermitani e siciliani noti e contro importantissimi rappresentanti della legge, nazionali. Ho cercato invano di sentire un accentazione neutrale della lingua italiana, negli annunci ufficiali roboanti di chi ha “guidato” 5 anni (!) di processi : mi è rimasto l’amaro in bocca ed un retrogusto di resa dei conti, stile suocera /nuor,a molto regionalizzata, con voluta ricerca di coinvolgere a tutti i costi il nazionale, stile deep state “de noantri”, e che non fa bene all’immagine già poco esaltante della “Giustizia”

  • elonora ferrari 21 Aprile 2018

    che i magistrati siano vergognosi è risaputo . c’era anche napolitano che doveva rispondere dello stesso reato di dell’utri , dei carabinieri . ve lo ricordate ? non è di anni fa , ma lui ha preteso di avere in mano le accuse e le ha corrette . guai a atoccarlo ci si può ferire o crepare . toccare i carabinieri e le nostre forze di polizia è uno schifo, poi magari volete la scorta vero ? arrangiatevi

  • sergio la terza 21 Aprile 2018

    Sarebbe stato strano se i magistrati palermitani non avessero partecipato ad un colpo di stato atto a trovare una sentenza ad hoc.-Quello che dovrebbe essere ????il prossimo ministro di grazia e giustizia ne sa niente???Ritorniamo nell’Italia degli ingiugi,quando finirà?E’ impossibile trovare in questo marasma un altro Mussolini,i nostri generali sono troppo ben pagati chi altro potrebbe guidare un vero colpo di stato?non certo il reuccio Giorgetto.-Ora ci prepariamo alla festa della Liberazione,chi ci potrà liberare dagli inetti che si proclamano Premier?bah,penso che all’estero stiamo facendo una figura di cacca!

  • giulio 21 Aprile 2018

    condannati proprio quelli che hanno arrestato Riina???

  • Aldo Barbaro 21 Aprile 2018

    Ritengo che l’Arma dei Carabinieri sia stata infangata per cui sarebbe opportuno che non abbandonasse i suoi servitori finché non c’è la certezza assoluta delle accuse infamanti nei
    loro confronti!!!!!

  • Maurizio Turoli 21 Aprile 2018

    Come mai non viene citato il golpista Napolitano, allora ministro dello Stato?

  • Damiano 21 Aprile 2018

    L’italietta dei misteri!

  • Pino1° 21 Aprile 2018

    L’ultima trattativa stato-mafia si appalesa pubblicamente con l’attentato di via dei georgofili……. c’era in gioco il 41-bis ed anche in quel caso un capo di stato fece finta di niente girando la testa dall’altra parte. La ‘magistratura’ -sapendo che non esiste a differenza delle persone che vestendo tonache la fanno- produce novità interpretative sorprendenti, esotiche quando non esoteriche !
    Trovo indegno fare capo alla parte esecutiva delle responsabilità ‘demandate’ da altri se è vero che:
    Nello stato di carcerazione nessun appartenente alle forze dell’ordine può entrare in contatto con il detenuto se non alla presenza di un giudice inquirente motivato ed autorizzato con verbale trasmesso al responsabile del procedimento!
    Nell’istituto di detenzione esistono tutti i verbali di accesso e se ci sono ‘ingressi’ anomali devono essere segnalati all’autorità carceraria superiore ed alla magistratura ! Tutto noto, tutto controllato, tutto autorizzato ! Che fanno ‘ provano a prendere per i fondelli ?

  • Francesco Ciccarelli 20 Aprile 2018

    Sono contrario a ogni forma di resa, ma allo stesso ho molti dubbi sulla coerenza di uno Stato che condanna se stesso per una trattativa segreta: la decisione di negoziare con chiunque rientra fra i poteri di sovranità suprema, per quanto discutibile e ignobile appaia un’intesa simile! Inoltre la fermezza è venuta meno in tanti episodi di sequestri di personaggi politici e di cittadini facoltosi, quando hanno mediato malavitosi, oppure è stato pagato un riscatto!