Nell’intrincato gioco di ruolo a cui le trattative per il governo costringono i protagonisti politici – io contro te, tu solo con me, noi insieme senza lui – dietro le quinte c’è chi parla di un Renzi sornione, silenzioso ma attivissimo. La sua strategia del vento cattivo – “tramontana, la triglia si rintana” – potrebbe essere in via di esaurimento e nasconderebbe un suo clamoroso ritorno sulla scena, improvviso, in grado di sbloccare i giochi delle allenze. Ritorno pubblico ma invisibile, ovviamente, mimetizzato ma sotto gli occhi di tutti
A dispetto della linea indicata all’indomani delle fallimentari elezioni, il segretario del Pd potrebbe alla fine rompere l’isolamento del proprio partito, anche perché ben consapevole che perfino le sue fidate truppe cammellate in Parlamento potrebbero essere pronte a mollarlo (come accade a tutti i potenti-perdenti del mondo) alla prima strizzata d’occhio di Mattarella e andare – per senso del dovere, istituzionale e di responsabilità bla bla… – ad agganciare un governo con i Cinquestelle, considerando che la base del Pd nella sua maggioranza vede nel M5S gli eredi del Pci, si riconosce nell’antico settarismo e populismo ideologico – mentrein un’altra sua parte molto minoritaroa vi riconosce spunti di ribellione e di “socialità” propri del Msi.
A naso, quindi, gli elettori del Pd finirebbero per digerire un governo con il M5s se potessero riscattare almeno gli insulti e le mille provocazioni subite negli ultimi anni da Grillo & co, facendo cadere la testa di Di Maio. Di questo Renzi è consapevole, ecco perché prima che sia troppo presto o troppo tardi, ha in mente di ragionare per un sostegno politico al governo targato Cinquestelle ma su un nome diverso dal giovane pomiglianese. Roberto Fico, per esempio, il più di sinistra dei grillini, il meno sgradito ai piddini, potrebbe mettere tutti d’accordo. Una formula che consentirebbe a Renzi di trattare, da segretario, sul contratto di programma, riproponendo le sue riforme come base di dialogo, e di imporre i suoi fedelissimi come dimostrazione di forza.
In primis, ovviamente, la favorita, Maria Elena Boschi, da insediare, al posto di Fico premier, alla presidenza della Camera. Un piano A che necessita, però, di un piano B da minacciare. E qui Renzi potrebbe provare la mossa del Cavallo, anzi, il ratto del Sabino: acquisire il sostegno del famoso costituzionalista, di area piddina, già ministro col governo Ciampi, Sabino Cassese, che negli ultimi tempi sembra essersi avvicinato alle posizioni del M5S: «Di Maio premier? Non ho elementi per poter valutare. Debbono deciderlo le forze politiche. Stiamo parlando di una persona che per 5 anni ha ricoperto il ruolo di vicepresidente della Camera», ha dichiarato recentemente Cassese, la sterzata giusta dell’uomo giusto, ma non l’unico, per fare da garante “tecnico” a un governo politico che potremmo definire delle “affinità”, di convenienza, di furbizia, più che dei programmi. Ma di questi tempi, per qualcuno, basta e avanza.