Apr 13 2018

Antonio Pannullo @ 19:20

Il “gran rifiuto” di Assad agli Usa nel 2009 fu l’inizio di tutti i suoi guai…

La decisione americana e di conseguenza di tutto l’Occidente, Italia compresa, di iniziare una campagna contro il presidente siriano Bashar al Assad non cominciò, come si crede, nel 2011, contestualmente alle ben orchestrate dall’Occidente “primavere arabe”, tutte fallite, ma due anni prima, nel 2009, quando Assad pronunciò le parole che probabilmente ne avrebbero decretato la condanna, forse condanna a morte. Il Qatar, come è noto, è un forte produttore di gas naturale oltre che di petrolio. In Qatar si trovano le più grandi riserve di gas non associato al petrolio. Il Qatar è il secondo Paese al mondo (dopo il Lussemburgo) per reddito pro capite. Ma è anche uno stretto alleato degli Stati Uniti, che hanno qui la loro più grande base in Medio Oriente. Proprio nel 2009 il Qatar progettò la realizzazione di un gasdotto per il ricco e assetato mercato europeo che avrebbe dovuto attraversare Arabia Saudita, Giordania, Siria e Turchia. In questo modo tutti i Paesi del Golfo, per lo più dittature ereditarie, avrebbero guadagnato a spese della Russia, principale esportatrice di gas verso l’Occidente. E avrebbe fatto un favore agli Stati Uniti, che da sempre si sentono rivali di Mosca, comunismo o non comunismo. Ebbene, allora Assad rifiutò il progetto, sostenendo molto francamente che esso avrebbe danneggiato il suo alleato russo. Di qui si capisce l’accanimento di Washington contro la Siria e il sostegno incondizionato della Russia verso il suo leale alleato. Ci fu poi un altro fattore che esasperò ulteriormente gli animi non solo degli Usa ma anche del vicino Israele. L’intesa di Damasco con l’Iran per la realizzazione di un altro gasdotto che portasse il gas iraniano ai porti del Libano, e quindi in Europa, passando per l’Iraq e ovviamente Siria. Il progetto fu bocciato, probabilmente per via dell’Iraq, invaso dagli “alleati”, ma subito dopo la Casa Bianca con il sostegno di Qatar e Arabia Saudita, prima quindi che i rapporti tra queste due ultime nazioni si guastassero, iniziò a sostenere e finanziare le opposizioni siriane per far cadere Assad. Il resto lo conosciamo. E da questa seconda situazione comprendiamo perché l’Iran e anche gli Hezbollah libanesi stiano sostenendo Assad. Nel 2011, a rivolta siriana iniziata, alcuni Paesi del GOlfo promisero la fine delle manifestazioni in cambio della rottura dell’alleanza Damasco-Teheran. Al nuovo rifiuto del presidente Assad, l’Occidente gettò la maschera: gli ambasciatori americano e francese si recarono in Siria e incontrarono l’opposizione, mercenari prezzolati dall’estero e benedetti dall’allora segretario di Stato Usa Hillary Clinton oltre che dalla Turchia. Ankara infatti ha anche il vantaggio di colpire i suoi nemici curdi, alleati con la Siria. Così gli Stati Uniti hanno armato i tagliagole del cosiddetto Esercito libero siriano, di Al Nousra, ossia al Qaida, e quindi, dell’Isis. Si consideri che per tutti i Paesi in gioco la questione è vitale: il Qatar perché la sua produzione petrolifera è calata, quindi ha bisogno di commercializzare convenientemente il gas, l’Arabia perché trarrebbe profitto dai diritti di transito del gas nel suo Paese, l’Iran perché con le sanzioni ha nel gas la sua principale risorsa economica. Russia e Usa, infine, hanno sul tavolo da gioco molto più che soldi. Per questo la crisi siriana è destinata a un pericolosissimo crescendo.