Cinema a lutto, è morto Milos Forman, regista che volò ben oltre il nido del cuculo (VIDEO)

14 Apr 2018 11:59 - di Priscilla Del Ninno

La grandezza di un artista non si misura sui premi ricevuti da sfoggiare su un caminetto, o sugli attestati di stima  da appendere al muro, ma da come e da quanto il suo lavoro ha profondamente segnato, permeato e impresso, una indelebile impronta nell’universo creativo come sul terreno sociale, inducendo tutti noi a riflettere, a bearsi – a volte persino a divertirsi – di quella traccia unica e inconfondibile.

Addio a Milos Forman, oscar per

“Qualcuno volò sul nido del cuculo”

E allora, per tutto questo, e per molto altro di più, il triste addio a Milos Forman, il regista boemo morto a 86 anni dopo una breve malattia, circondato dagli affetti più cari e dai suoi amici di sempre, va ben oltre i due Oscar vinti per Qualcuno volò sul nido del cuculo e per Amadeus. Va ben oltre il Golden Globe conquistato con Larry Flint-Oltre lo scandalo, con cui vinse l’Orso d’oro a Berlino nel 1997; o il bis realizzato, sempre a Berlino, due anni dopo, con l’Orso d’argento per il miglior regista grazie a Man on the Moon e al miglior Jim Carrey di sempre in veste di attore protagonista. E va persino ben oltre il Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes, riconosciuto a Milos Forman per Taking Off, strappato nel 1971 sulla croisette, e più forte della boria cinefila d’oltralpe e dell’avanguardismo critico più integralista che mai in quegli anni. Va ben oltre, avanti, anche accanto tutti i riconoscimenti arrivati a corredo di una lunga e brillante carriera, perché su tutto si staglia, possente e struggente, il lavoro dell’artista, la capacità maieutica del regista capace di tirare fuori il meglio dai suoi attori e di declinarlo a un racconto che, pur fortemente contestualizzato e caratterizzato, prescinde nella sua meta-narrazione da scenografia, sceneggiatura e personaggi, e si infila nelle pieghe più profonde del nostro sentire, indagando sul mistero della vita, dell’essere umano, delle sue fragilità, come della sua grandezza e univocità. Non è forse quello che ha fatto Milos Forman con Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975) e con Amadeus (1984), film con cui il regista, con toni lividi nel primo caso, e con una ricostruzione magniloquente, nel secondo, ha investigato sul mistero dell’uomo, sulla sua imperscrutabilità, sull’indecifrabilità del suo talento, sulla prigionia a cui è condannato dal sistema, sull’ineluttabilità del suo destino?

Una vita intensa, un dolce addio

Il resto, tutto il resto, è cronaca: quella che ci racconta di un addio dolce, dopo una breve malattia e circondato dall’amore della sua terza moglie, Martina, dagli affetti più cari e dai suoi amici di sempre. Quella che ci fa sapere che Forman viveva in Connecticut con i figli gemelli, nati nel 1998. Quella che, virgolettando quanto riferito in queste ore dalla vedova, ci descrive  una «dipartita che è stata tranquilla, con al fianco in ogni istante la sua famiglia e i suoi amici più intimi», e che anticipa che i funerali del regista si svolgeranno in forma privata. quella che ripercorre e descrive il racconto della vita di Forman e del suo addio alle scene nella verde America di provincia, dove è arrivato – lui, nato nel 1932 nella Boemia centrale – dopo aver perso i genitori in un campo di concentramento quando aveva appena 8 anni; dopo aver studiato alla Prague Film Academy ed essere diventato uno dei precursori della New Wave sperimentale del cinema cecoslovacco con film come Gli amori di una bionda del 1965 o Al fuoco, pompieri! del 1967. Dopo essersi lasciato alle spalle i carri armati sovietici che annientarono la Primavera di Praga nel 1968. Questa è cronaca: la storia, Milos Forman, l’ha fatta con i suoi film, firma del suo genio, della sua sensibilità d’artista, del suo sguardo sul mondo e sulla vita.

 

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