“Repubblica” costretta a celebrare l’arte fascista dei futuristi: «Quanto era bella…»

12 Mar 2018 19:01 - di Monica Pucci

Una paginata per spiegare che nel periodo “più buio” l’arte italiana “era la più bella”, una paginata di equilibrismo per ammettere che i futuristi erano anche fascisti ma non si capisce perché, visto che erano così bravi e geniali. Su Repubblica, a pagina 26, Natalia Aspesi si esercita sulla mostra allestita dalla Fondazione Prada, “Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918-1943” (in programma a Milano dal 18 febbraio al 25 giugno) cercando di separare i due fenomeni in maniera da non imbarazzare se stessa e il giornale. Ma il risultato è grottesco.

I  “futuristi” esposti, da Giacomo Balla, a Carlo Carrà, Filippo Tommaso Marinetti, Giorgio De Chirico, Giorgio Morandi e Mario Sironi, intervellati da 29 cinegiornali integrali, selezionati in collaborazione con l’Istituto Luce, documentano non solo un movimento artistico prorompente ma anche un periodo storico nel quale la cultura era il fiore all’occhiello di un regime fondato sul consenso.

Non c’è il rischio di fare arrabbiare la Boldrini, facendo apologia del fascismo?, è il tema dell’articolo della Aspesi. «Il dubbio l’abbiamo avuto – risponde l’organizzatore, Germano Celant – abbiamo temuto visitatori inopportuni, ma non ce ne sono stati. Sarà che l’arte in genere, pure quella del fascismo, non interessa ai fascisti di oggi…». Ovviamente identificati con una destra rozza, incolta e spregevole.

E agli artisti ospitati, le cui opere che raccontano il futurismo arrivano da tutto il mondo, Repubblica fornisce anche un alibi politico: «Sul catalogo le immagini prendono le distanze dalla storia e parlano di documenti che conducono alla tragedia finale della guerra… leggere dell’antusiasmo fascista di chi oggi giustamente è considerato un grande e prezioso artista un po’ immalinconisce, lo si sapeva, ovvio, ma l’artista ha sempre avuto il suo mecenate, i Papi, i re, i principi, le dittature….”. E lo scomodo legame tra futurismo e fascismo è risolto, nella coscienza storica di chi scrive. Nella speranza che alla Boldrini, ospitata due pagine prima, il distinguo possa bastare…

Commenti

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  • piero vassallo 18 Marzo 2018

    Dovrebbero diventare finalmente oggetto di analisi rigorose (ossia non faziose e neppure apologetiche e nostalgiche) le idee e i fatti del ventennio fascista. Sulla rivoluzione fascista.dovrebbe esercitarsi l’acribia degli storici e dei filosofi della politica, non la umiliante e biliosa faziosità dei comizianti progressivi a corto di idee –

  • Gianni 13 Marzo 2018

    Ma quando si comprenderà che l’arte e i veri artisti sono al di sopra del l’imbecillita’ dei politici e dei politicanti,una come la Boldrini non capisce nulla di arte esattamente come i talebani che hanno distrutto le statue millenarie di Buddha a cannonate,il cervello non è un’optional o c’è l’hai o non cel’hai e tante persone pur occupando cariche importanti sono decerebrati come la presidenta e come il suo sodale Fiano,speriamo che simili individui spariscano definitivamente dalla politica italiana,augurandoci che non vengano sostituiti da altrettanti imbecilli.

  • 13 Marzo 2018

    Alberto farina. Non abbiamo alcun conto da fere. A parte la legge razziale e la guerra persa, non c’è nulla da conteggiare. Anche i morti fatti da qualche testa di c**** che andava fuori dal seminato, sono al pari di quelli dei vincitori, durante e dopo la guerra. Quanti morti ha fatto la democrazia con la sua insipienza dispotica? Moro, Borsellino, Falcone, imprenditori suicidi, onorevoli mafiosi, imprenditori non mafiosi solo perchè erano nel Nord ma si accaparravano tutto “legalmente” e se ne potrebbero citare altri mille di questi casi “democratici” la cui somma è ben superiore a quella del ventennio.

  • Alberto Farina 13 Marzo 2018

    Finchè non faremo i conti, con pacatezza e obiettività, con la nostra storia, non andremo da nessuna parte!

    • Arnaldo 13 Marzo 2018

      Giustissimo….!

  • Architetto Progettista 13 Marzo 2018

    Non hanno ancora visto l’EUR a Roma e nemmeno l’architettura razionalista del periodo, mai superata dal socialismo reale in cui è caduta l’urbanistica e l’architettura italiana.

  • giorgio 13 Marzo 2018

    costoro se ne accorgono adesso, pensare che volevano sino a poco tempo fa demolire. Ma si demoliscano i loro zzzzzzzz.

    • Arnaldo 13 Marzo 2018

      Quì a Roma ci sono Associazioni Culturali che hanno quale obiettivo primario ” .far conoscere il Quartiere EUR….”. nato per l’ Esposizione Universale Roma 1942. Non faccio la storia completa di questo ” scrigno ” delle Arti del Novecento Italiano..ma. voglio solo fare mensione di alcune eccezionali, sia per la loro vastità e valore artistico, opere d’ arte : ( ” ignorate ” per molto tempo dello Stato Italiano…) : Museo Nazionale Preistorico Etnografico mosaico ( di circa 40 mq ) dal titolo ” Le Professioni e le Arti, ” di Fortunato Depero 1942 contrapposto frontalmente a quello di Enrico Prampolini, Le Corporazioni’ nel Museo delle Arti e Tradizioni Popolari e la grande ( circa 25 mq ) vetrata policroma all’ interno del Museo Pigorini opera insigne dell’ artista Giulio Rosso ( 1942 ).

      All’esterno del Museo, con affaccio su viale della Civiltà Romana, venne realizzato un mosaico dal titolo Le professioni e le arti, di Fortunato Depero

  • Fabrizio 13 Marzo 2018

    Caro Adriano, questi non hanno ancora capito cosa è successo in America (e non ho detto in Val d’Aosta, con tutto il rispetto) dove Barak O’Baldo ha fatto ca..te simili alle loro e la moglie di Oral Bill da lui sponsorizzata è stata mandata a casa. Stesso senso di offesa, anzi, di lesa maestà. Perché loro sono i depositari unici della verità, dell’educazione, della cultura (quella poi è solo loro!!!) esattamente come Marx, Stalin etc. che hanno provocato o fatto stermini che fanno apparire Hitler un Bergogliano. E ancora qualcuno gli da retta…

  • ADRIANO AGOSTINI 13 Marzo 2018

    Il solito complesso di superiorità che li ha portati ad avere la metà dei voti di tre anni fa e che presto li porterà alla tomba. E non se ne rendono conto e prndono la sconfitta come un’offesa o uno sgarbo. Mi fanno pena….