L’autista salta due fermate per paura degli immigrati. Ora rischia il posto

11 Mar 2018 19:15 - di Redazione

Travolto da una bufera mediatica per avere saltato due fermate. Accade ad Avio, in Trentino, ad un autista di bus e consigliere comunale eletto con una lista civica. Non si è fermato  per due volte una fermata dove c’erano profughi. Adesso il suo gesto, che arriva dopo mesi e mesi di aggressioni ai conducenti di autobus e ai capotreni non appena si azzardano a chiedere biglietti e documenti, rischia costargli il posto di lavoro, come leggiamo sul Corriere della Sera.

Ora la morsa si stringe in fretta intorno al conducente, che rischia il licenziamento, un provvedimento disciplinare e forse anche un processo. Gli immigrati hanno infatti protestato e raccontato tutto agli operatori del centro di accoglienza. L’ipotesi avanzata dalla procura potrebbe essere quella di interruzione di pubblico servizio. Ma le cose stanno diversamente. Il conducente  respinge le accuse. E il sindacato Uil Trasporti fa sapere che Salvetti – questo il nome del conducente – ha agito in buona fede in quanto gli immigrati presenti alla fermata “non hanno fatto cenni per chiedere lo stop del bus”.  Da mesi il mestiere del conducente di mezzi pubblici è diventato uno dei più pericolosi, come raccontano le cronache. Negli ultimi tempi è diventata rischiosa la professione dell’autista di bus che troppo spesso, come accaduto nei mesi scorsi, si ritrova in condizione di pericolo e di aggressioni e insicurezza sia per lui sia per i fruitori del servizio stesso. Tanti i messaggi di solidarietà arrivati sul profilo Fb dell’autista, che fa questo lavoro da tanti anni. I colleghi auspicano che con altrettanta celerità si attuino servizi di sorveglianza e protezione sugli stessi mezzi, per consentire di svolgere il lavoro in sicurezza, senza rischiare di andare all’ospedale.

Commenti

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  • Giovanni La Face 12 Marzo 2018

    La colpa non e’dell’autista, ma delle fobie che si sono scatenate a causa di un governo di sinistra
    indegno e traditore del Paese.- Mi piace essere chiaro.

  • Andrea 11 Marzo 2018

    Se le persone vicine alla fermata non hanno fatto cenni all’autista è logico che poveretto non si sia fermato ,questo succede dappertutto se la fermata appunto è a richiesta . Tutto regolare quindi ,però non capisco perché sosteniate che l’autista non si sia fermato per timore perché se il fatto è andato come è andato non c’è nulla di strano e non c’è bisogno di ricamarci sopra e farla tanto lunga.

    • V 11 Marzo 2018

      L’hanno fatto cenno,eccome! Non è un episodio solo e ci sono le riprese dell’interno che lo provano: le m***** di destra vedo che fanno quadrato anche contro il più infame del mondo, purché sia immigrato. Parlate del militare che a Pisa RUBAVA I SOLDI A UNA BAMBINA ROM.

      • Letizia Gitto 16 Marzo 2018

        visto che ti firmi V, c’eri tu? e le telecamere come facevi a sapere se erano attive o meno
        sei come tutti coloro che sostieni……mm

  • L'AUTISTA 11 Marzo 2018

    Stessa cosa capito’ ad un caro amico che autista di scuolabus si rifiuto’ di ANDARE A PRELEVARE
    gli zingarini per portarli a scuola nello stesso pulmino assieme ad altri bambini/bambine non residenti
    nel campo nomadi . Ebbene succedeva che 3-4 nomadi armati di coltellini riuscivano a sottomettere
    e ad impossessasi del veicolo ammucchiando tutti gli altri 15 bambini verso l’autista .
    Nulla da fare per l’autista che si doveva fermare , intervenire ma senza risultato .
    Alle sue rimostranze in comune e’ seguito un prepensionamento agevolato non si sa’ da quali norme .
    Si sopperi’ pagando un genitore nomade con 2400000/mese che col camper scassatissimo avrebbe
    dovuto portarli a scuola ma cio’ non succedeva : li portava in giro e i soldi se li beveva .
    Sono passati 30 anni nulla e’ cambiato e a MODENA stanno costruendo case per quegli zingarini
    che da adulti sono LADRI E DELINQUENTI ed il mio amico sogghigna amareggiato .
    Povera ITALIA la storia si ripete e purtroppo “sembra” senza via di uscita . . . A MENO CHE . . .