Hawking è il simbolo della lotta contro l’eutanasia: volevano staccargli la spina

14 Mar 2018 17:26 - di Robert Perdicchi
“I dottori offrirono a Jane la possibilità di spegnere le macchine, Jane ha rifiutato. Era convinta che sarei tornato a Cambridge. Le settimane di terapia intensiva che seguirono furono le più dure della mia vita ma poi tornai davvero…”. Era il 1985, da venticinque anni Stephen Hawking lottava con la sclerosi laterale amiotrofica: gli avevano pronosticato al massimo due anni di vita ma lui aveva proseguito la sua battaglia, collezionando successi scientifici, figli e mogli, ma in quel 1985 qualcosa stava crollando, il suo percorso sembrava improvvisamente segnato. Il suo fragile corpo era stato flagellato dalla polmonite e i dottori dell’ospedale di Ginevra, dove si trovava in coma farmacologico, invitarono la moglie a spegnere le macchine che lo tenevano in vita ma lui e la moglie rifiutarono, come spiegò egli stesso in un documentario del 2013 che raccontava la sua vita.
L’attaccamento alla vita, in Svizzera, dove basta pagare per morire: il miglior manifesto, la più straordinaria testimonianza contro l’eutanasia, quella che la sinistra vuole introdurre, passo dopo passo, passando per testamento biologico, anche in Italia. Ci ha lasciato anche questo, come eredità, il grande astrofisico Stephen Hawking, morto nella notte a 76 anni, un uomo che veniva, a torto, considerato ateo, ma che in realtà forse era credente e cattolico.

“Tutti dicono che era ateo ma io posso affermare che non lo era”, ha spiegato ieri monsignor Marcelo Sanchez Sorondo cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, nell’intervista al Sir, il servizio di informazione religiosa della Cei. “Ogni volta che parlava con i Papi – ha conosciuto Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco – diceva loro: ‘Voglio contribuire allo sviluppo del rapporto tra ragione scientifica e fede’. Non voleva dare una spiegazione alla cosmologia religiosa perché diceva che l’origine di tutto è un problema filosofico, non scientifico. Affermava: ‘Io devo dare una spiegazione alle cose che vedo’. Questo è stato inteso come una professione di ateismo – osserva Sanchez Sorondo – ma io non credo fosse ateo, sia per la fedeltà verso l’Accademia e per l’interesse per il dialogo con i Pontefici”.

E l’attaccamento di Hawking alla vita forse era la migliore conferma della sua fede in Dio.

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